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Lunedì 24 febbraio 2025 a Roma è stato presentato il Rendiconto di genere 2024 redatto dal Consiglio di indirizzo e vigilanza di Inps.[1]  

Il rapporto, strutturato in sei sezioni che ripercorrono le fasi del ciclo di vita delle persone (composizione demografica, istruzione, mercato del lavoro, famiglie, violenza di genere, prestazioni pensionistiche e previdenziali), fornisce un’analisi della condizione femminile in Italia.

Poche luci e molte ombre.

  1. Donne e demografia

La popolazione italiana, rappresentata per il 51,1% da donne e per il 48,9% da uomini, invecchia costantemente, fenomeno derivante dalla diminuzione delle nascite e dal contemporaneo allungamento della speranza di vita. Le donne sono più longeve, ma compensano questo primato con evidenti svantaggi in ambito lavorativo, familiare e sociale. Il tasso di occupazione femminile si attesta al 52,5%, contro il 70,4% degli uomini evidenziando un divario di genere significativo, pari a 17,9 punti percentuali. Le assunzioni nel 2023 riguardano le donne solo per il 42,3% del totale, confermando per queste un accesso al lavoro più limitato.

  1. Donne e mercato del lavoro

La presenza femminile nel mercato del lavoro rimane significativamente inferiore, nonostante migliori performance degli uomini nei percorsi di istruzione: infatti la percentuale maggiore dei laureati si ritrova nel genere femminile (59,7% tra i laureati nel 2023).

Traguardi sociali importanti, che però si scontrano con la realtà lavorativa: è ancora fortemente presente il cosiddetto glass cieling, quella barriera invisibile che impedisce alle donne di accedere alle posizioni apicali a causa di ostacoli (chiamati metaforicamente “soffitto di cristallo”) spesso difficili da individuare, impalpabili. Persiste il gender gap anche sul fronte dei salari: nel nostro Paese la retribuzione media delle donne è il 20% inferiore rispetto a quella dei colleghi uomini; il divario di genere è presente sia in ambito lavorativo che dal punto di vista stipendiale a parità di ruolo ricoperto.

In particolare, analizzando le differenze fra i principali settori economici, la differenza è pari al 20% nelle attività manifatturiere, 23,7% nel commercio, 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione. Il divario più ampio si percepisce nell’ambito delle attività finanziarie, assicurative e nei servizi alle imprese, dove lo stipendio medio delle donne è inferiore del 32,1% rispetto a quello degli uomini di pari grado.

Solo il 21,1% dei dirigenti in Italia è donna, contro il 78,9% degli uomini, mentre tra i quadri le donne rappresentano il 32,4%, contro il 67,6% degli uomini, segnale inequivocabile di una persistente disparità di genere nelle posizioni apicali.

Anche osservando le assunzioni di questi ultimi anni, certamente aumentate, il trend rimane negativo: solo il 42,3% è donna sul totale dei nuovi lavoratori mentre per quel che riguarda i contratti a tempo indeterminato e un tasso di assunzione di donne a tempo indeterminato che si ferma al 36,9%, con un delta a favore degli uomini del 22,6%.

Anche guardando le assunzioni di questi ultimi anni, certamente aumentate, il trend rimane negativo: solo il 42,3% è donna sul totale dei nuovi lavoratori e solo il 18% con contratti a tempo indeterminato, contro il 22,6% degli uomini che può contare su un contratto stabile. Ovviamente sono sempre le donne ad avere il primato nei contratti part time, 64,4% del totale, oltre due terzi dei contratti di questo tipo, di cui il 15,6% non volontari, contro il 5,1% degli uomini.

  1. Donne, lavoro di cura e natalità

Le donne continuano a farsi carico dei lavori di cura: nel 2023 sono state 14,4 milioni le giornate di congedo parentale utilizzate dalle donne, mentre per quanto riguarda gli uomini si legge di appena 2,1 milioni, cioè il 14% rispetto alle giornate di congedo “materne”. Questo dato mostra una sproporzione nell’utilizzo dello strumento, evidenziando il persistere di un divario fortemente sbilanciato rispetto ai carichi di cura familiare. 

Guardando alle più recenti ricerche economiche, è tutt’altro che peregrino associare la minore natalità proprio ai bassi tassi di occupazione e alle ancora insufficienti politiche di supporto sociale atte a sostenere le famiglie nel garantire un equilibrio tra lavoro e responsabilità familiari, limitando le possibilità di conciliazione tra lavoro e famiglia.

Pur registrandosi un incremento dei posti negli asili nido, la domanda resta insoddisfatta: l’Umbria è l’unica regione italiana ad aver raggiunto il target europeo di 45 posti nido (prima 33) per 100 bambini di età 0-2 anni, con una media di 46,5 posti, seguita da Emilia Romagna e Valle d’Aosta; all’estremo opposto troviamo la Campania, con 13,2 posti e la Sicilia, con 13,9.

  1. Violenza di genere

Unico dato tristemente in crescita, rispetto al 2023, sono le denunce per violenza di genere: evidenziando una problematica radicata e diffusa. Il 2023 ha visto aumentare le segnalazioni di reati spia, cioè quei reati che indicano una violenza di genere, incrementati del 10,5%. L’incidenza delle vittime di sesso femminile rimane elevata per le tipologie di reati (atti persecutori 74%, maltrattamenti contro familiari e conviventi 81%, violenze sessuali 91%).

Le donne denunciano con più frequenza gli atti di violenza di genere rispetto a prima e questo per effetto della grande sensibilizzazione sul tema.

Recentemente è stato compiuto un passo avanti con l’approvazione del decreto attuativo che ha sbloccato i fondi destinati al rafforzamento dello strumento del Reddito di libertà, erogato dall’Inps alle donne che hanno subito violenza in ambito familiare. Il rifinanziamento ha messo a disposizione 30 milioni di euro da ripartire equamente negli anni 2024/2025/2026. Inizialmente era stato finanziato solo per il biennio 2021/2022 coinvolgendo 2.418 donne; l’anno successivo, per mancanza di risorse, sono stati confermati i trattamenti solo nelle regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia (circa 233 in tutto nel 2023) e solo grazie a risorse regionali.

  1. Donne e pensioni

L’ultimo capitolo del rapporto analizza le prestazioni pensionistiche: le donne sono numericamente superiori tra i beneficiari di pensioni, essendo 7,9 milioni le pensionate rispetto ai 7,3 milioni di pensionati.

Ciononostante, anche in questa sezione permangono disparità. Le pensionate hanno assegni previdenziali inferiori nel lavoro privato: gli importi medi delle pensioni di anzianità/anticipate e di invalidità per le donne sono rispettivamente del 25,5% e del 32% inferiori rispetto a quelli degli uomini, mentre nel caso delle pensioni di vecchiaia il divario raggiunge addirittura il 44,1%. Anche questa è una risultante degli svantaggi sul mercato del lavoro e nel corso della vita lavorativa.

Il numero limitato delle donne che beneficiano della pensione di anzianità/anticipata (solo il 27% fra i dipendenti privati e il 24,5% fra i lavoratori autonomi) evidenzia le difficoltà delle donne a raggiungere gli alti requisiti contributivi previsti, a causa della discontinuità che caratterizza il loro percorso lavorativo (ad eccezione della pubblica amministrazione). Il filo conduttore della rendicontazione di genere 2024, in questa ultima sezione dedicata al sistema pensionistico conclude dimostrando, ancora una volta, come il genere femminile sia il genere penalizzato.  

  1. Conclusioni

Svantaggiate per tutto l’arco della vita, le donne nel nostro Paese vivono una continua condizione di disparità e di iniquità nonostante gli sforzi messi in campo. Sebbene le differenze di genere si siano ridotte nel tempo, i progressi risultano estremamente lenti e insufficienti. I dati infatti risaltano quello che in realtà è un problema molto più radicato e profondo della nostra società che va al di là delle sezioni analizzate ed esce di gran lunga dal contesto professionale e lavorativo.

La progressiva autonomia e ricerca di libertà delle donne, la cosiddetta emancipazione, si scontra con la struttura sociale arcaica e patriarcale, radicata nella cultura e nel modello italiano, che registra nel nostro Paese uno squilibrio enorme tra ambito familiare e domestico e possibilità di carriera e di autoaffermazione. La persistenza di disuguaglianze e discriminazioni di genere necessità di un cambio di visuale che consenta di affrontare la condizione femminile nella sua multidimensionalità, in modo da poter proporre modelli organizzativi capaci di favorire flessibilità, percorsi di crescita formativi e professionali paritari, accompagnati da avanzamento in termini di posizione e rispondenti ad un aumento della retribuzione. L’approccio multidimensionale di lettura del fenomeno necessita una profondità di analisi trasversale, che evidenzi le competenze dei diversi attori sociali per un’azione sinergica di contrasto al fenomeno, di sensibilizzazione, di educazione e soprattutto di promozione della cultura del rispetto del genere femminile.


[1] Si veda per il testo integrale: https://www.inps.it/it/it/inps-comunica/notizie/dettaglio-news-page.news.2025.02.rendiconto-di-genere-2024-i-dati.html