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Ermanno Gorrieri e Luigi Paganelli, i primi due segretari della Cisl di Modena, inseparabili amici nella vita e nell’attività sindacale e politica, condividono da giovani l’esperienza resistenziale, come massimi dirigenti del gruppo dei cattolici. Ermanno Gorrieri[2] ha sempre rifiutato la definizione della Resistenza come guerra civile[3]. Luigi Paganelli[4] non si è mai espresso su questo tema, ma i cinque articoli scritti nel 1951 sulla Resistenza a Modena e raccolti in una pubblicazione dell’Alpi[5], delineano una interpretazione identica a quella di Gorrieri. A Modena, del «Patto di Roma», non si sapeva nulla. Le ragioni della scelta resistenziale, per Gorrieri e Paganelli, furono patriottiche.

Gorrieri ricorda che «Le prime armi furono nascoste da noi perché erano italiane, da non lasciare al nemico invasore. All’inizio la mia Resistenza fu più patriottica che politica; solo per strada nacque una maggiore consapevolezza[6]».

Nel novembre del 1943 Gorrieri e il suo gruppo di amici diventano democristiani, dopo che don Elio Monari, incontrato al circolo di azione cattolica «Il Paradisino», di cui sono frequentatori dalle scuole medie, li porta a conoscere Alessandro Coppi, rappresentante della Dc nel Cln[7]. Alla fine del 1944 essi si qualificano politicamente distribuendo nella popolazione un volantino dal titolo La Dc non è il partito dei preti, non è il partito dei ricchi, che «era la sintesi del partito laico e del partito di sinistra[8]».

I giovani cattolici maturano una «maggiore consapevolezza» sul piano politico e sociale proprio nella convivenza e nel confronto con le altre formazioni politiche che partecipano alla Resistenza, in particolar modo con i comunisti. «Avevamo la grande speranza di poter costruire una società tanto nuova che era fuori da ogni realtà. Pensavamo di poter cambiare tutto: più libertà, più giustizia, più uguaglianza. Noi sentivamo l’effetto della ideologia comunista, nel senso dell’uguaglianza tra gli uomini, eccetera… noi l’assorbivamo[9]». È la concordia discors di cui Gorrieri parla a proposito della Repubblica di Montefiorino[10]. «Erano rapporti per il fatto di combattere insieme, ma di grande conflitto. Loro pensavano al dopo, pensavano alla Resistenza come preparazione della rivoluzione proletaria […]. Ed abbiamo anche noi cominciato a pensare al dopo, ad essere prudenti, organizzati politicamente[11]».

Il dissenso con i comunisti si manifesta non solo sulla questione delle prospettive rivoluzionarie nel dopoguerra, ma immediatamente, molto più concretamente, sulle modalità di conduzione della Resistenza. «Noi abbiamo preteso [nel dicembre del 1944] le dimissioni e l’allontanamento di quello che era stato l’organizzatore della Resistenza in montagna». Le ragioni del conflitto con i comunisti derivano dal modo diverso di concepire la lotta, per la requisizione forzosa di cibo e perché «per i comunisti il principio era: lotta senza esclusioni di colpi. Per noi il principio era non dico umanizzare la lotta […] però fare in modo che quel tipo di guerriglia avesse dei riguardi per la popolazione[12]».

Le parole di Gorrieri sono confermate dalla testimonianza dello stesso Osvaldo Poppi, il dirigente di cui i democristiani chiedono l’allontanamento[13]. I fatti sono gli stessi, la loro interpretazione è opposta. Osvaldo Poppi ricorda che «dobbiamo riconoscere che siamo stati alimentati ricorrendo alle risorse del luogo, risorse che abbiamo preso, volenti o nolenti alle popolazioni[14]». «La lotta – egli continua – ha esigenze crudeli e noi dovevamo essere inesorabili con noi stessi prima di tutto ed esigenti ed inesorabili anche nei confronti di tutti gli appartenenti alle nostre formazioni armate[15]», tanto che, nel caso di operazioni militari «nelle vicinanze delle case dei compagni noti per impedire le reazioni fasciste […] incitammo i vecchi compagni […] a non ritornare mai per nessun motivo in esse». Non stupisce pertanto il duro giudizio che egli esprime nei confronti del gruppo dei cattolici, quasi fossero dei boy scout: «Ogni partigiano democristiano era del tutto attrezzato, tanto che il loro sembrava un campeggio estivo in tempo di pace; ognuno mangiava con la sua gavetta regolare, con il suo cucchiaio regolare».

La Resistenza non è dunque una guerra civile per Gorrieri, ma una guerra militare contro i fascisti e «una guerra politica nella quale i comunisti sapevano fin dall’inizio che lo sbocco era la conquista del potere[16]», in definitiva una «guerra per la democrazia e la libertà[17]».  Nel confronto tra queste visioni divergenti, i cattolici approfittano della situazione di debolezza dei comunisti sul campo quando i loro capi, Davide[18] e Armando[19], e quasi tutte le loro formazioni passano il fronte e si uniscono In Toscana alle forze alleate. In conseguenza dei mutati rapporti di forza, nel dicembre del 1944, essi richiedono di assumere un maggior peso nella direzione della lotta partigiana.

Dopo le riunioni tenute a Civago e Gova[20] il comando generale di tutte le forze partigiane modenesi passa a Luigi Paganelli. Mentre egli resta a presidiare l’impegno militare in montagna, Gorrieri scende in pianura per cercare di organizzare le forze cattoliche anche nei comuni dove è scarsa la presenza democristiana.  

Nell’immediato dopoguerra Gorrieri e Paganelli continuano il loro impegno politico e sociale nella Cgil unitaria e, dopo la scissione conseguente all’attentato a Togliatti, nella Libera Cgil e nella Cisl. È buona regola in politica non parlare bene degli avversari, ma, nella conflittualità che caratterizza l’attività sindacale, fa eccezione Paganelli che, rievocando gli avvenimenti dell’eccidio delle Fonderie Riunite del 9 gennaio 1950 a Modena, racconta che, nel tentativo di dissuadere la Cgil dallo sciopero, va a parlare con il segretario della Camera del lavoro, Arturo Galavotti, «Mario» nella Resistenza, «con cui ha conservato, nonostante la scissione e le note durissime accuse e polemiche un rapporto personale di relativa stima e confidenza[21]», confermando come, nonostante i percorsi divergenti anche dopo la Resistenza, fossero rimasti, per la comune esperienza di combattenti, anche rapporti duraturi.

Allo stesso modo, diversi anni dopo, quando in pratica viene a mancare il timore che i comunisti perseguano una rivoluzione violenta contro la democrazia, accade, come racconta Silvio Miana[22], segretario del Pci provinciale, che nel 1958 comincino i primi incontri, prima riservati, poi nel 1959 anche pubblici, tra la Dc di Gorrieri e il Pci, per stabilire relazioni che vadano oltre quelle «personali, sia a livello politico che a livello di enti locali[23]», confermando come  anche da parte dei comunisti sia esistito un implicito riconoscimento di stima per i dirigenti provenienti dalla Resistenza. Non è d’altra parte senza significato che «il primo incontro, tra due delegazioni molto ristrette, di tre o quattro persone, lo si fa fuori Modena, in una trattoria di Magreta che era stato un punto di incontro durante la Resistenza[24]».

La capacità di darsi atto, tra Cisl e Cgil, di reciproca stima, per quanto riguarda la difesa della democrazia, raggiunge un altro punto significativo ai tempi del tentativo di colpo di stato maturato agli inizi degli anni settanta, quando «Paganelli, che riceve alcune informazioni in merito alla possibilità che si stiano preparando  iniziative insurrezionali [neofasciste], convoca in una saletta al quarto piano di Palazzo Europa, sede della Cisl, una decina di dirigenti e, dopo averli informati, impartisce loro le disposizioni, se necessario, per passare in clandestinità[25]», utilizzando le vecchie linee partigiane «bianche».

Le testimonianze verbali relative a questo episodio confermano anche uno scambio di informazioni tra Cisl e Cgil, che provvede a misure analoghe, privilegiando le linee partigiane «rosse», in pianura.

Il collegamento tra Cisl e Resistenza riguarda tuttavia una parte della dirigenza che ha matrici politiche non solo democristiane e conferma l’importanza sempre attribuita, fin dall’origine, al tema della autonomia della Cisl dai partiti.

Nella storiografia e nell’opinione pubblica è dato per scontato l’antifascismo della dirigenza della componente comunista e socialista della Cgil unitaria, derivazione diretta dell’accanita persecuzione

subita dai loro partiti durante il regime, mentre è talvolta meno sottolineato il non meno forte antifascismo dei dirigenti della corrente democristiana e di quella parte socialista e repubblicana poi confluita nella Fil (Federazione italiana dei lavoratori). Nel caso modenese gran parte del gruppo che, dopo aver fatto parte della Cgil unitaria, ne uscirà per dar luogo alla Lcgil e, successivamente, combinandosi con la Fil, darà vita alla Cisl, ha un’impronta non solo decisamente antifascista ma marcatamente resistenziale[26].

Alla riunione decisiva per la unificazione di Lcgil e Fil partecipano Ermanno Gorrieri, Luigi Paganelli e Gaetano Lugli per i cattolici, Giancarlo Baldini, Onorio Grillenzoni e Amedeo Ascari per i socialisti; la prima segreteria della Cisl è composta da Gorrieri, Paganelli, Lugli e Baldini.

Baldini ha lasciato una testimonianza in cui ricorda di essere stato «rastrellato dalle brigate nere nel febbraio 1944 e consegnato ai tedeschi al campo di Sacile. [Di essere] scappato nel giugno 1944» e di avere poi vissuto alla macchia. Già segretario della Fil, destinato a diventare segretario organizzativo della Cisl nazionale nel 1962 e direttore nazionale del patronato Inas nel 1980, Baldini

ricorda dei primi anni che i laici nutrivano qualche preoccupazione nei confronti della guida di Romani (che era l’ispiratore degli orientamenti di fondo della Cisl) «in quanto elemento strettamente inserito nel mondo cattolico», ma che presto egli venne «accettato pienamente, ed anzi considerato un punto di riferimento indispensabile, man mano che si riscontrava in lui un modo profondamente

laico di esaminare i problemi reali della società».

Quindi il gruppo dirigente della Cisl modenese era profondamente unito e unanimemente antifascista, con una significativa presenza di impegno militante.

Non pare perciò improprio sostenere che Gorrieri e Paganelli hanno lasciato nella Cisl di Modena uno «spirito resistenziale» che per molto tempo ha permeato i caratteri di parte significativa del gruppo dirigente e ispirato i rapporti sindacali tra Cisl e Cgil a uno stile di confronto anche molto aspro, ma che, in genere, non ha mai dimenticato la necessità di un confronto unitario e l’attenzione al rispetto reciproco.


[1] Ora Cisl Emilia Centrale

[2] Carrattieri M., Marchi M., Trionfini P. (2009), Ermanno Gorrieri (1920-2004), Bologna, Il Mulino.

[3] Valga a questo proposito Trionfini P. (2007), (Quasi) un’autobiografia. L’ultima intervista di Ermanno Gorrieri, Modena, I quaderni del Ferrari, ed anche l’editoriale nel settimanale diocesano di Trento di Passerini V. (2023), La Resistenza fu una scelta di campo nello scontro mondiale tra due civiltà“Vita trentina”.

[4] Guerzoni A. (2024), Luigi Paganelli. La Resistenza, il cattolicesimo sociale. Il viaggio della minoranza che ha vinto, Modena, Artestampa.

[5] In Archivio storico del Centro F.L. Ferrari

[6] Baraldi I., Garagnani W. (2003), I cattolici e la politica. Intervista all’onorevole Ermanno Gorrieri, leader storico della sinistra cattolica, pag. 55, in Protagonisti del 900 a Modena e Ferrara, Modena, Editrice Consumatori.

[7] Paganelli L. (1990), Don Elio Monari e Chiesa e società a Modena tra guerra e Resistenza (1940-1945), Modena, Mucchi.

[8] Trionfini P. (2007), pag. 30.

[9] Ermanno Gorrieri in Trionfini P. (2007), pag. 38.

[10] Gorrieri E. (1966), La Repubblica di Montefiorino, Bologna, Il Mulino, pag. 365.

[11] Trionfini P. (2007), pag. 35.

[12] Trionfini P. (2007), pag. 40.

[13] Poppi O. (1979), Il Commissario. Due concezioni a confronto. Intervista sulla Resistenza, Modena, Anpi, a cura di Luciano Casali.

[14] Poppi O. (1979), pag. 41.

[15] Poppi O. (1979), pag. 31.

[16] Trionfini P. (2007), pag. 40.

[17] Trionfini P. (2007), pag. 35.

[18] Nome di battaglia di Osvaldo Poppi.

[19] Nome di battaglia di Mario Ricci.

[20] Le località in cui si tengono le riunioni segrete dei partigiani per definire i nuovi assetti di comando.

[21] Valler C., Paganelli L. (1990), Origini e nascita della CISL a Modena 1945-1951, Modena, Editrice «A. Grandi», pag. 151.

[22] Miana S. (2018), Ne è valsa la pena. Autobiografia di un ragazzo di campagna prestato alla politica, Modena, Franco Cosimo Panini, pag. 86.

[23] Guerzoni A. (2024), Luigi Paganelli, pag. 339.

[24] Ibidem.

[25] Guerzoni A. (2024), Luigi Paganelli, pag. 570.

[26] Guerzoni A. (2022), Scontri frontali e contrattazione silenziosa. Cronache del sindacalismo libero

a Modena 1943-1955, Roma, Edizioni Lavoro, pag. 41 e segg.