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“Quasi 62 anni di vita contro 55 giorni.”

La stringente necessità di approfondire la figura di Aldo Moro, oltre il tragico sequestro, è stata sostenuta con forza dallo storico Renato Moro, nipote dello statista, in occasione del centenario della nascita celebrato al Quirinale nel 2016.[1] Questo appello intendeva liberare Moro dalla prigione brigatista in cui è rimasto confinato per decenni nell’immaginario collettivo.

Due volumi usciti negli ultimi anni, in particolare, hanno risposto a questa accorata richiesta: Aldo Moro. Il politico, il professore, il filosofo del diritto opera del Prof. Leonardo Brancaccio, uscito nel 2022 per la casa editrice Ecra, e: Liberiamo Moro dal caso Moro, scritto recentemente dal giornalista di “Avvenire” Angelo Picariello, pubblicato nel 2025 per le Edizioni San Paolo.

Il corposo libro di Picariello racconta in profondità Aldo Moro a chi ne ha, almeno in parte, un ricordo o una conoscenza vaga o poco approfondita, attraverso una serie di approfondimenti tematici: Moro e la sua famiglia, Moro giusnaturalista e docente di filosofia del diritto, Moro padre costituente, Moro penalista, Moro uomo di Governo, Moro e la contestazione, Moro in ascolto dei giovani, Moro e i nuovi movimenti, in particolare di ispirazione cristiana, Moro Ministro della Pubblica Istruzione, della Giustizia e degli Esteri, uomo di pace, Moro antigiustizialista, Moro docente universitario attentissimo al dialogo con i suoi studenti, Moro leader della Democrazia Cristiana e anomalo uomo di partito, spesso oltre i “giochi” delle correnti Dc, Moro vittima del terrorismo e, da sempre, ispiratore di una seria riflessione sulla giustizia riparativa e le finalità rieducative della pena.

L’eredità di Aldo Moro è profondamente radicata nella Costituzione italiana. Picariello ricorda il ruolo dello statista come relatore della sezione relativa ai “diritti dell’uomo e del cittadino”, documentando con precisione i travagli, gli scontri e il paziente lavoro di mediazione tra le varie anime dei Padri costituenti. La “felice convergenza” dei lavori si trasformò in “feconde divergenze”, ma con lo stesso obiettivo: rinunciando ognuno a qualcosa, il risultato indicò un “destino comune” da perseguire. L’autore ricostruisce anche con minuziosità il contributo fondamentale di Aldo Moro nella redazione, in particolare, dei primi tre articoli della nostra Costituzione, con la felice intuizione della scrittura dell’articolo 1 e il compromesso nobile di riconoscere la Repubblica come: “fondata sul lavoro”.

La capacità di Moro di trovare, nell’Assemblea costituente, mediazioni alte con le forze laiche, socialiste e comuniste anche sui temi del lavoro, si alimentava, come è noto, della sua concezione cristiana, vissuta con profonda laicità.

Scriveva Moro sulla rivista dei laureati cattolici Studium nel 1946:[2] 

«Si sente oggi affermare che c’è opposizione tra civiltà cristiana e civiltà del lavoro, o civiltà proletaria … in realtà il Cristianesimo… esalta anche la dignità del lavoro. […] Tutta la vita è lavoro, è fatica… A volte ci accade di considerare questa nostra richiesta di compenso come qualcosa di gretto, ed è invece la nostra richiesta di vita… È in fondo un atto d’amore, un atto che può diventare squisitamente razionale. In questa visione ci è chiaro che il volere di Dio non si compie se non c’è vita, e non c’è vita se non c’è lavoro. Su ogni uomo e su ogni lavoro si è posato come una richiesta lo sguardo di Dio. Il nostro lavoro quindi è risposta alla chiamata del Signore. In questo la nostra concezione del lavoro si distingue da quella di una civiltà proletaria, per la quale, essendo l’uomo principio e termine della vita, il lavoro si esaurisca nell’uomo e nella vita dell’uomo».

Chiusa l’esperienza dell’Assemblea costituente e divenuto uomo di Governo, come Guardasigilli, Moro mantenne un’attenzione costante alla questione carceraria, sostenendo l’idea guida della rieducazione sancita dall’articolo 27 della Costituzione. Condannava l’ergastolo, definendolo “psicologicamente crudele e disumano”, e visitava le carceri con i suoi studenti, affrontando nei suoi insegnamenti i princìpi di giustizia, libertà e verità. Negli ultimi giorni da uomo libero, Moro continuò a insegnare la sua visione della pena, considerandola incompatibile con il nostro ordinamento se fosse “meramente afflittiva o vendicativa”. Proprio alla possibile incompatibilità dell’ergastolo con la nostra Costituzione dedicò una delle sue ultime lezioni universitarie.

Nonostante gli importanti impegni istituzionali, il giorno del rapimento lo statista pugliese avrebbe dovuto presenziare a una seduta di laurea, aveva le tesi degli studenti con sé quando fu rapito: il legame con i suoi allievi e con l’insegnamento era per lui fondamentale, al punto che, quando si prospettò per lui la possibilità di essere eletto Presidente della Repubblica, la principale preoccupazione fu quella di dover rinunciare alla cattedra.

Un capitolo molto originale e documentato del testo è quello relativo alla curiosità di Moro rispetto ai nuovi movimenti, in particolare, ma non solo, di ispirazione cristiana.

L’attenzione ai giovani si evidenzia nella volontà di dialogo con i leader del Movimento studentesco e nella vicinanza (anche se non vi fu nessuna adesione) alla nascente Comunione e Liberazione, frequentando, quasi fin dagli esordi, le messe dei discepoli di don Giussani a Roma, pur senza mai incontrare direttamente il carismatico leader fondatore. La Gioventù studentesca romana, che si riuniva a casa di Maria Pia Corbò (futura moglie di Rocco Buttiglione), attrasse il suo interesse, coinvolgendo figure come Andrea Riccardi e Agostino Giovagnoli, che ne usciranno e fonderanno la Comunità di Sant’Egidio. Non mancheranno molti giovani che troveranno nel sindacato, e nella Cisl in particolare, il loro terreno principale di impegno sociale e civile.

Con la stessa precisione l’autore ricostruisce il percorso politico di Moro nella Democrazia cristiana, della quale rivendicherà sempre l’autonomia e il suo carattere non confessionale. Dalla Segreteria del partito nel 1959, alle aperture ai socialisti nel congresso del 1962, evidenzia il suo costante impegno per l’unità. Un lavoro, rafforzato dal rapporto privilegiato con Papa Montini, Paolo VI, risalente ai tempi lontani della Presidenza della Fuci, portato avanti fino alla sera prima del rapimento, cercando, alla metà dei travagliati anni Settanta, un equilibrio avanzato, una “nuova fase”, tra Dc e Pci per sostenere il nascente Governo Andreotti. Per superare, in prospettiva, attraverso l’alternanza, la condizione di “democrazia bloccata” che contraddistingueva il nostro Paese.

Non bisogna però pensare, come qualche commentatore distratto ha fatto, che Moro fosse “tenero” con i comunisti, dimostrazione ne fu la posizione mai cedevole nella trattativa riservatissima con Enrico Berlinguer (quando Moro era “solo” Presidente della Democrazia cristiana) per dare vita ai c.d. Governi di solidarietà nazionale.

Moro, quindi, avrebbe detto Don Lorenzo Milani, era sempre “presente” al suo tempo.

Nella prefazione al volume di Picariello, il cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza episcopale italiana, riporta un estratto di un celebre discorso dello statista: «se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà».

Come sottolinea Zuppi, questa frase di uno dei suoi ultimi discorsi, sempre scritta per noi, oggi.

Aggiunge il cardinale: «proprio per amore dei giovani e dei suoi studenti, ai quali si dedicò fino all’ultimo giorno, Moro fu soprattutto un operatore di pace. Ricorrono quest’anno i cinquant’anni degli accordi di Helsinki. In piena Guerra fredda, da Ministro degli Esteri si era impegnato a favorire la distensione in Europa e la non proliferazione degli armamenti».

Ha scritto Pino Pisicchio nel recensire il libro[3]: se volessimo cercare una sola chiave per comprendere la “visione” di Aldo Moro che emerge dal volume di Picariello, questa è quella della sacrale considerazione della persona umana, della sua “anteriorità” rispetto allo stesso Stato. Tutto si ricompone, infatti, partendo dalla traccia degli studi sul personalismo comunitario di Mounier e Maritain, dalla sua sensibilità di cristiano, dal grande contributo alle norme fondamentali della Costituzione dove il principio viene scolpito nell’art.3 che lo vide con Dossetti protagonista, dall’idea-forza che lo ispirò come filosofo del diritto e come giuspenalista dell’unità del reato – perché dietro ogni azione c’è sempre l’uomo – fino alle lettere dolorose dal carcere brigatista dove, in piena linea di coerenza col suo pensiero, rivendicava la preminenza di ogni vita umana rispetto alla ragione di Stato.

Costante rimane il suo impegno, il suo dialogo con i giovani.

«Senza mai chiedere appoggi o consensi – ha sottolineato ancora Zuppi – Aldo Moro invitava i giovani a non trascurare l’impegno politico, per poter migliorare un mondo tanto lontano dai propri ideali, pur continuando le diverse esperienze di impegno. Così, ai giovani della Dc chiedeva di tenersi in contatto con i coetanei dei movimenti cattolici, per un reciproco arricchimento e una testimonianza cristiana più incisiva».

«Un messaggio  [conclude così l’arcivescovo di Bologna nella sua prefazione al libro (ndr)]  che Aldo Moro lascia a una Chiesa che vive in questo Giubileo del 2025 la chiamata alla speranza contro il veleno della disillusione e del cinismo: la visione di una sinodalità operosa e aperta alla realtà, capace di restituire fiducia in un’epoca che ne ha un enorme bisogno».

Un messaggio e una vita, quella di Aldo Moro, che hanno ancora tanto da dirci, anche al di là del loro tragico, mai del tutto chiarito, e tristemente noto epilogo.

Angelo Picariello (2025), Liberiamo Moro dal caso Moro. L’eredità di un grande statista, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, pagg. 468.


[1] La cerimonia si tenne il 16 settembre del 2016 con l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

[2] Aldo Moro, Di fronte alla Costituente, StudiumXLII, 1946, n.3, marzo.

[3] Per leggere l’intera recensione: https://formiche.net/2025/04/phisikk-du-role-moro-picariello-pisicchio/