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Francesco Verbaro, nato a Messina nel 1969, è Presidente di Forma.Temp, il Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori in somministrazione e Senior Advisor dell’Adepp, l’Associazione delle casse di previdenza dei liberi professionisti. È stato Segretario generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Laureato in Scienze Politiche, vincitore del primo corso-concorso per dirigenti dello Stato indetto dalla Scuola superiore delle pubbliche amministrazioni.

 Nel 2001 è stato vicecapo di Gabinetto del Ministro per la Funzione Pubblica e successivamente Consigliere presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Collabora con alcuni periodici ed è autore di numerose pubblicazioni in materia di Lavoro pubblico e Diritto del Lavoro.

Dove e in che circostanza ha incontrato per la prima volta la Cisl?

Ho incontrato la Cisl iniziando a lavorare nel settore pubblico, presso il Dipartimento Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto sindacato di rilievo dei lavoratori di questo comparto. In particolare, in occasione delle relazioni sindacali sulle assunzioni e stabilizzazioni dei lavoratori con contratto di lavoro flessibile, nonché sulle materie oggetto di contrattazione e confronto con le organizzazioni sindacali per salvaguardare le prerogative del dirigente pubblico in qualità di datore di lavoro. Un confronto aperto non facile e al contempo importante: erano in gioco la contrattualizzazione del rapporto di lavoro nella Pubblica Amministrazione e la nascita di una dirigenza pubblica manageriale.

Lei è considerato uno dei massimi esperti di diritto del lavoro pubblico in Italia. Come valuta lo stato delle relazioni industriali nel settore? Come si può rilanciare la contrattazione collettiva anche al di là della, pur importantissima, questione salariale?

Le relazioni industriali richiedono parti sociali consapevoli del ruolo che hanno e possono avere in un determinato periodo storico, come è l’attuale caratterizzato da importanti transizioni e sfide. A oltre trent’anni dalla contrattualizzazione del rapporto di lavoro e dalle norme sulla semplificazione, nonché dopo anni di decentramento e regionalismo, occorre domandarsi ciò che ha funzionato (poco) e ciò che è peggiorato.

Se dal punto di vista formale possiamo considerarle buone, da punto di vista sostanziale le ritengo personalmente povere e non mi riferisco tanto alle risorse finanziarie, ma alla mancanza di visione rispetto alle sfide di oggi e dei prossimi anni. Il datore di lavoro pubblico ha perso di vista la riforma sostanziale del settore pubblico rispetto agli specifici comparti: come la scuola, la sanità o gli enti locali. Permane una visione ministeriale-centrica e di breve periodo. Eppure le due grandi sfide, la nuova demografia, con meno giovani e una forza lavoro con età media elevata; e l’impatto dell’intelligenza artificiale, non riescono a mettere al centro un ridisegno del settore pubblico, basato su capitale umano qualificato e aggiornamento continuo delle competenze, interoperabilità dei sistemi informativi, big data e intelligenza artificiale. La combinazione necessaria per migliorare l’intervento pubblico e realizzare una Pubblica Amministrazione che, oggi necessariamente, faccia di più con meno.

Una sfida importante, per il sindacato e per le parti sociali in generale, è quella di rilanciare, una volta per tutte, le politiche attive del lavoro in Italia. Come può la digitalizzazione (es. digital badge) aiutare il sistema Italia a fare definitivamente un salto di qualità? Cosa manca ancora?

Innanzi tutto una consapevolezza della complessità e articolazione del mercato del lavoro, sia rispetto alla domanda delle imprese sia rispetto alle imprese. Come ci ha insegnato Marco Biagi esistono tanti mercati del lavoro. Questo significa che non può esserci una soluzione unica nazionale e serve una cooperazione ed un coordinamento Stato Regioni migliore, che intervenga sulla base dei dati e delle informazioni migliori. 

Il mondo sta cambiando mettendo in crisi le istituzioni tradizionali, mentre noi finanziamo ancora regioni e centri per l’impiego, per politiche attive vecchie e poco efficaci. C’è di base un problema di livello educativo mediamente basso oltre che di percorsi formativi non coerenti con la domanda. Il livello di abbandono scolastico soprattutto implicito, il basso livello di diplomati e laureati, l’alta percentuale di Neet costituisce una sfida non solo per la filiera formativa, ma per tutti i datori di lavoro. Le politiche attive seguono ancora un approccio tradizionale centrato sul pubblico. Occorrerebbe attivare tutti i soggetti e i corpi intermedi fornendo loro strumenti per il miglior assessment e orientamento, standard e accesso a piattaforme di matching e big data. Fare di tutto per contrastare l’inattività, anticipare l’ingresso nel mercato del lavoro e sostenere i lavoratori nelle tante transizioni presenti in vite lavorative sempre più lunghe. 

La formazione e le competenze sono la garanzia per una reale “occupabilità”. La certificazione delle competenze porterà ad un miglioramento dei percorsi formativi e con i digital badge, dopo i ritardi del fascicolo del lavoratore, si potrà realizzare una “carta di identità del lavoratore”.

Come è cambiato negli ultimi anni e come prevede che cambierà il lavoro somministrato nel nostro Paese? Quali sono le priorità nell’azione di Forma.Temp?

Ritengo che il lavoro in somministrazione possa diventare sempre di più non solo una modalità di reclutamento volta a soddisfare fabbisogni temporanei di lavoro, ma un’occasione di conoscenza tra lavoratore e utilizzatore e di ingresso “buono” nel mercato del lavoro. Coinvolgendo in particolare giovani e donne, esso è uno strumento per favorire l’ingresso anticipato nel mercato del lavoro ed acquisire esperienze formative di ingresso e competenze sia di settore che trasversali. Forma.Temp dovrà proseguire il processo avviato di digitalizzazione rendendo più efficienti e verificabili i diversi processi di gestione dei progetti formativi e delle misure riguardanti le politiche passive.  L’Intelligenza artificiale ci consentirà di elaborare e ottenere dai numerosi dati in possesso, informazioni importanti e puntuali sui nostri mercati del lavoro, utili alle Agenzie per il Lavoro e alle parti sociali. Costituiremo così un osservatorio sul mondo della somministrazione.

Un augurio e un auspicio in vista dell’imminente Congresso nazionale Cisl…

L’augurio che faccio riguarda la Cisl, ma indirettamente il Paese ed è quello di poter avere lavori congressuali ricchi di innovazione e coraggio, oggi necessari all’Italia, in coerenza con la migliore storia della Cisl.