
Lia Ghisani, cremonese, insegnante, è stata Segretaria generale del Sism Cisl, il sindacato degli insegnanti della scuola media aderente alla confederazione di Via Po. Dal 1993 al 2002, è stata, inoltre, Segretaria confederale nazionale con deleghe diverse (anche al Dipartimento politiche settoriali e contrattuali), occupandosi soprattutto di pubblico impiego. Attualmente è Presidente dell’Associazione di volontariato Piuculture.
Come ha maturato la decisione di fare la sindacalista e perché la scelta della Cisl?
È stata una naturale prosecuzione dell’impegno di insegnante “democratica” vicina alle lotte degli studenti (insegnavo nel triennio dell’Istituto industriale di Cremona), impegnata all’interno della scuola in un costante corpo a corpo con il gruppo degli insegnanti conservatori e con un preside dichiaratamente fascista, che veniva in classe a controllare come insegnavo storia. Fu quasi naturale fondare con un mio collega, docente di elettrotecnica, la sezione sindacale unitaria, lui per la Cgil, io per Cisl, un altro collega per la Uil e inserire all’interno del sindacato confederale le battaglie quotidiane.
Nella scuola esisteva solo il sindacato autonomo, molto corporativo e completamente estraneo al movimento degli studenti e alle lotte dei lavoratori che caratterizzavano quel periodo. Un amico incontrato all’Università Cattolica, figlio di un ferroviere, mi propose di partecipare alla costituzione, a Cremona, del sindacato scuola media della Cisl (Sism Cisl). Anche allora la scelta mi sembrò consequenziale, vista la mia formazione e il desiderio sia di portare all’interno del movimento dei lavoratori le lotte degli insegnanti per una scuola più democratica, sia di condividere il fermento riformatore che si respirava nel sindacato. Mi affascinava della Cisl la centralità del tema dell’autonomia, la concezione del sindacato come soggetto politico che prescindeva dalle appartenenze partitiche: mi era congeniale una forma di rappresentanza in grado di assumere posizioni anche radicali, ma mai demagogiche, la disponibilità al confronto, il dibattito vivace, che si respirava all’interno della Confederazione, non così presente in altre organizzazioni.
Il momento più difficile e quello più bello della sua attività sindacale…
Il momento più difficile: alla fine di una trattativa complessa e lunghissima per il rinnovo del contratto, con la scuola in agitazione per le prime iniziative Cobas, anche grazie all’aiuto delle Confederazioni, riuscimmo a chiudere un accordo ad un livello più che dignitoso. Sorprendentemente, la Cgil Scuola, che aveva partecipato a tutti i passaggi tecnici e politici, ci comunicò che non avrebbe firmato in attesa di un referendum fra gli iscritti che ovviamente diede esito negativo. Era forse la prima volta che succedeva nel movimento sindacale, e per me, al di là delle preoccupazioni relative al consenso della categoria, fu un momento molto duro.
La ricerca, anche se faticosa, di percorsi unitari faceva parte della mia storia sindacale; considerai quella scelta, prigioniera del movimentismo presente nella scuola, l’espressione di un modo di fare sindacato che abdicava alle proprie responsabilità e rinunciava alla sua funzione, anche di orientamento, della categoria. Fu una grande delusione anche personale della quale fu poi necessario tenessi conto.
Il momento più bello: la trattativa per la riforma delle pensioni, che poi portò alla Legge 285, era stata particolarmente faticosa; i vincoli economici imposti dal Governo sembravano insuperabili; il merito del passaggio dal retributivo al contributivo, il superamento, sia pur graduale, di certezze in alcuni casi anche generose, assai difficili da spiegare ai lavoratori. Data l’importanza del problema si decise unitariamente di sottoporre l’accordo raggiunto con il Governo a un referendum fra i lavoratori: scelta assolutamente coraggiosa per la delicatezza dell’argomento, ancora di più se vista con gli occhi di oggi. Sono seguiti tempi di assemblee anche molto difficili, e anche di inevitabile gastrite per me da poco Segretaria confederale responsabile del settore, chiamata a confrontarmi con un mondo per me pieno di incognite. L’esito positivo del referendum fu una straordinaria liberazione, un momento di grande soddisfazione e di rassicurazione anche personale. Anche al di là delle molte soddisfazioni vissute in categoria, in questo caso mi sono sentita, per la mia piccola parte, all’interno di un collettivo e coraggioso protagonismo riformatore, che per altro, la maggioranza dei lavoratori aveva capito.
Quali sono le sfide e le priorità per un sindacato moderno?
È facile per noi, diversamente giovani, diventare “laudatores temporis acti”; si rischia di cadere nella tentazione di avere sempre pronte vecchie ricette. In effetti oggi sono cambiati completamente i paradigmi che sono alla base della rappresentanza sindacale: il mondo del lavoro è segnato da una straordinaria frantumazione in cui convivono vecchi e nuovi lavori, lavori ricchi e lavori poveri, lavori inseriti ancora in un contesto collettivo e lavori caratterizzati da totale solitudine, lavori della conoscenza e lavori poveri.
Nel contesto politico si è consolidata la logica della disintermediazione, i vincoli economici hanno ridimensionato il ruolo dei corpi intermedi, anche a causa di derive massimaliste interne al movimento sindacale. Le trasformazioni dovute alle nuove tecnologie danno una nuova centralità alla formazione.
La Cisl ha un grande patrimonio di valori e di storia cui attingere che, però, vanno declinati in questo contesto economico e sociale in continuo cambiamento. Questo comporta la necessità di una ridefinizione strategica, un surplus di capacità di proposte mirate sui grandi temi della contrattazione, dei salari, del fisco, del mercato del lavoro, del welfare. Tutto questo esige apertura culturale, il coraggio di scelte anche difficili, in grado di incidere, con la qualità e la serietà della proposta, sulla tutela delle varie forme di lavoro.
Parliamo ora del suo impegno attuale, con la Presidenza dell’Associazione Piuculture…
La responsabilità nell’associazione di volontariato Piuculture è stata un naturale modo di proseguire il mio impegno nel sociale. Aiutare gli alunni immigrati di prima e seconda generazione nell’apprendimento della lingua italiana all’interno delle scuole, in coordinamento con gli insegnanti, è stato un modo per declinare nel contesto sociale attuale la lezione di don Lorenzo Milani e di Tullio De Mauro: è il possesso della lingua che fa degli “ultimi” dei cittadini liberi, in grado di esercitare diritti e doveri.
La scuola in questi anni è stata la più grande agenzia di integrazione di alunni con background migratorio, ma l’altissimo livello di selezione e di dispersione scolastica ci dicono che l’inserimento diretto nella classe, la stessa promozione, non sono indici di competenze adeguate ad affrontare né il curriculum scolastico, né il mondo del lavoro, né l’inserimento sociale.
I rischi che la povertà educativa porti a emarginazioni e devianze sono altissimi. Aiutare questi ragazzi a superare il trauma migratorio, ad affrontare l’apprendimento della difficile lingua per studiare, aiutare i genitori non solo a imparare la lingua, ma anche a districarsi nei meandri della burocrazia, è un modo per contribuire alla formazione di cittadini che a pieno titolo possano partecipare ad una società democratica.
Il dibattito sull’estensione della cittadinanza andrebbe arricchito anche da questo approccio basico, ma essenziale. L’impegno in Piuculture è per le volontarie una forma pregiata di cittadinanza attiva che, combattendo mille pregiudizi, cerca di rendere la nostra società più inclusiva.
Un augurio e un auspicio in vista del Congresso nazionale della Cisl…
Il Congresso è sempre un’occasione centrale nella vita di una organizzazione: inevitabilmente è un po’ rito identitario, ma anche grande momento di partecipazione. Non ci possiamo che augurare che il ricco dibattito congressuale, le mille assemblee che si sono svolte nei luoghi di lavoro, nelle categorie, nelle Unioni, rappresentino un’occasione di riflessione collettiva che i gruppi dirigenti, ai vari livelli, sappiano “ascoltare” e portare a sintesi. La Cisl ha davanti grandi sfide: ma ha la ricchezza non solo di un grande patrimonio di valori, ma anche la forza di migliaia di militanti appassionati che ne hanno definito, nel tempo, l’identità che, oggi, garantisce il suo radicamento nel mondo del lavoro.