Skip to main content

Michele Tiraboschi, bergamasco, è professore ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e consigliere del Cnel su nomina della Presidenza della Repubblica. Si occupa di contrattazione collettiva, welfare contrattuale, politiche attive del lavoro, salute occupazionale, lavoro di ricerca. È stato componente della Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e Rappresentante titolare del Governo italiano nel Consiglio d’amministrazione della European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions. È stato coordinatore della Commissione tecnica dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. È stato storico collaboratore del professor Marco Biagi.

Come ha incontrato la Cisl nel suo percorso di studi e ricerche?

Prima di incontrare la Cisl ho preso familiarità con le sue idee e la sua visione del rapporto tra Stato e corpi intermedi nel corso degli studi universitari. Mi sono laureato nel 1989 alla Statale di Milano con una tesi su “Rappresentatività del sindacato ed efficacia dei contratti collettivi” frutto di ben due anni di lavoro. Il gruppo dei docenti che animava in quei tempi i laboratori e i seminari dell’Istituto di diritto del lavoro della Statale, diretto dal professor Luciano Spagnuolo Vigorita, era molto sensibile alle tesi di Gino Giugni sull’ordinamento intersindacale e alle (buone) ragioni dell’astensionismo legislativo in materia. L’elaborazione della tesi è stata una utilissima occasione di confronto con i classici della materia (alcuni dei quali avevano a lungo collaborato con la Cisl) e di riflessione sulle ragioni ideali, culturali e valoriali della inattuazione dell’articolo 39, commi 2-4, della Carta costituzionale. Nel 1991, con il passaggio alla cattedra di Diritto del lavoro dell’Università di Modena diretta da Marco Biagi, ho poi avuto occasione di entrare in diretto contatto con la Cisl, con la sua organizzazione e con molti dei suoi dirigenti e operatori. In una prima fase all’epoca della stesura della legge Treu (1997) e poi negli intensi e drammatici mesi che hanno portato in un primo tempo alla riforma del contratto a termine (2001) e poi, a seguito dell’omicidio del professor Marco Biagi (19 marzo 2022), alla approvazione della legge a lui giustamente dedicata (2003). Tra i tanti nomi che posso ricordare uno su tutti e cioè Pietro Merli Brandini che ha regalato alla rivista “Diritto delle Relazioni industriali” che dirigo con Tiziano Treu un fondamentale studio dal titolo: “Per una storia delle relazioni industriali e di lavoro in Italia: dal totalitarismo alla democrazia”.

Anche alla luce del recentissimo Rapporto Adapt sulla contrattazione collettiva, quali le appaiono le “sofferenze” e le opportunità per l’attività negoziale?

Si parla molto della crisi del sindacato e delle relazioni industriali. Eppure lo studio diretto e sistematico del materiale contrattuale mostra forti segni di vitalità e anche capacità di innovazione e cambiamento. Certo, non sempre tutto procede con la velocità che servirebbe per governare le attuali trasformazioni del mondo del lavoro, ma comunque i contributi delle parti sociali restano ancora oggi fondamentali. Senza la contrattazione collettiva e il sindacato i problemi del mondo del lavoro di cui dibattiamo sarebbero ancora più gravi e ingestibili.

Quanto alle sofferenze una su tutte: la frammentazione della rappresentanza e il dumping contrattuale. Ma con una consapevolezza che sto maturando nelle mie ricerche e che però ancora non vedo presente nel dibattito politico e sindacale: la firma di centinaia di contratti nazionali depositati al Cnel non serve tanto a ridurre salari e tutele dei lavoratori, posto che, come confermato dai flussi Uniemens, i contratti sottoscritti da Federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil coprono il 96 per cento dei lavoratori del settore privato, cioè la quasi totalità. Il punto è che il deposito dei contratti e l’assegnazione del relativo codice serve a documentare (spesso fittiziamente) in sede ministeriale e amministrativa una presunta rappresentatività di sigle sconosciute se non anche inesistenti. Non a caso degli oltre mille contratti depositati al Cnel, oltre 600 sono applicati in poche province, a poche imprese e con numeri irrisori di lavoratori. A cosa serve allora il deposito dei contratti che non vengono applicati? Serve essenzialmente a far nascere enti bilaterali, patronati e altre strutture di servizi che alimentano un sottobosco di entità “rappresentative” solo sulla carta e molto distanti dalla idea di interesse collettivo ed effettività della tutela a cui si rivolge la normativa costituzionale del fenomeno sindacale.

Quali sono, a suo parere, le sfide e le priorità per un sindacato moderno?

Indubbiamente il contrasto al dumping contrattale, pur sapendo che oggi molti contratti o attori c.d. “pirata” sono diventati “corsari”, nel senso che godono di “protezioni” normative e politiche. La differenza tra pirata e corsaro sta proprio qui, nel riconoscimento cioè da parte dell’attore pubblico del loro operato, nella loro legittimazione anche solo indiretta o implicita. In secondo luogo, la formazione di sindacalisti e operatori, perché servono competenze e anche professionalità nuove per essere davvero al fianco dei lavoratori e dare loro risposte reali. E infine, anche se è difficile parlarne in un clima come quello attuale di diffidenze e polemiche, l’unità sindacale, ma una unità che guardi al futuro e agli interessi dei lavoratori, non di mero compromesso e non condizionata da ideologie e schemi politici di un mondo che non c’è più.

C’è ancora spazio per una collaborazione sinergico tra sindacato e mondo della cultura e della ricerca?

Questo è un tema che mi sta molto a cuore in una epoca dove pare difficile attivare collaborazioni che non siano “organiche”, secondo cioè uno schema manicheo amico-nemico. Proprio la storia della Cisl documenta collaborazioni virtuose con intellettuali liberi e indipendenti e con ricercatori che si sono fatti carico di formare con passione e competenza generazioni di sindacalisti e operatori. Direi che questa collaborazione è vitale per alimentare “Il Progetto” e cioè idee e proposte operative al passo coi tempi e i bisogni dei lavoratori di oggi.

Un augurio e un auspicio in vista del congresso Cisl…

L’auspicio è che la legge sulla partecipazione dei lavoratori, fresca di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, non si fermi alla pur importante conquista “politica”, ma trovi concreta e diffusa applicazione nei luoghi di lavoro. L’augurio è di continuare ad alimentare le buone ragioni del riformismo e testimoniare la persistente attualità e modernità della rappresentanza nel mondo del lavoro.