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Il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI), noto anche come AMIF (Asylum, Migration and Integration Fund), è stato istituito dall’Unione europea nel 2014 attraverso il Regolamento (UE) n. 516/2014[1] del Parlamento europeo e del Consiglio approvato il 16 aprile 2014.

Attraverso finanziamenti e sostegno mirati, l’AMIF mira a rafforzare la capacità dell’UE di rispondere alle diverse esigenze dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati, garantendo al contempo il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di solidarietà.

Il Fondo ha contribuito al conseguimento di quattro obiettivi specifici:

1) asilo: rafforzare e sviluppare il sistema europeo comune di asilo garantendo l’applicazione efficace e uniforme della normativa UE pertinente;

2) migrazione legale e integrazione: sostenere la migrazione legale verso gli Stati membri dell’UE in linea con le esigenze del mercato del lavoro e promuovere l’integrazione effettiva dei cittadini di paesi terzi;

3) rimpatrio: rafforzare le strategie di rimpatrio eque ed efficaci, che contribuiscono alla lotta contro la migrazione irregolare, valorizzando la sostenibilità e l’efficacia del processo di rimpatrio;

4) solidarietà: garantire che gli Stati membri dell’UE maggiormente esposti ai flussi di migranti e richiedenti asilo possano contare sulla solidarietà da parte degli altri Stati dell’UE.

Dotazione finanziaria e programmazione

Inizialmente, la dotazione finanziaria per l’attuazione del Fondo per il periodo 2014-2020 era stata fissata a 3,137 miliardi di euro, e successivamente è stata più che raddoppiata, soprattutto a causa della crisi migratoria del 2015/2016.

Le risorse sono state ripartite tra gli Stati membri in base a criteri che tengono conto della pressione migratoria, delle capacità di accoglienza e degli sforzi già compiuti in materia di integrazione e rimpatrio. La programmazione del Fondo è affidata a ciascuno Stato membro, che elabora un Programma Nazionale (PN) in consultazione con le amministrazioni centrali, regionali e locali, nonché con le parti sociali e la società civile. In Italia, l’autorità responsabile è il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno; la Direzione Generale dell’Immigrazione e Politiche per l’Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è stata altresì designata Autorità Delegata del Fondo, in virtù delle competenze istituzionali di cui è titolare in materia di immigrazione e integrazione.

Il Fondo finanzia sia iniziative nazionali sia azioni a livello europeo, tra cui anche le attività della Rete europea sulle migrazioni (EMN).

Metodologia e focus della valutazione ex-post del CESE

Il CESE, seguendo gli orientamenti della Commissione europea in materia di miglioramento della regolamentazione, ha strutturato la sua relazione di valutazione in tre macroaree:

– Efficacia: considera il successo dell’azione dell’UE nel raggiungere (o progredire) i suoi obiettivi;

– Pertinenza: esamina il rapporto tra i bisogni e i problemi della società e gli obiettivi dell’intervento;

– Valore aggiunto del coinvolgimento della società civile: valuta il livello di coinvolgimento della società civile nella progettazione, nel monitoraggio, nell’attuazione e nella valutazione della legislazione UE in questione.

Al fine di integrare la valutazione condotta della Commissione europea, il CESE ha concentrato la sua analisi specificamente sulle procedure di asilo, sui sistemi di accoglienza, sull’integrazione nel mercato del lavoro e sull’effettiva integrazione dei cittadini di paesi terzi.

Per condurre questa valutazione ex-post del Fondo, sono state condotte interviste semi-strutturate ed è stato elaborato un questionario rivolto ad autorità pubbliche ed accademiche, a stakeholder della società civile organizzata e ai beneficiari dei progetti e delle iniziative nell’ambito del Fondo e dalle autorità pubbliche competenti di cinque Stati membri: Bulgaria, Italia, Grecia, Francia e Svezia[2]. I Paesi sono stati selezionati in modo da integrare pienamente e apportare valore aggiunto alla valutazione effettuata dalla Commissione europea, evidenziare l’impatto del FAMI sui Paesi coinvolti nelle diverse fasi del processo migratorio e coprire quindi quelli di primo arrivo (Grecia, Italia), di transito (Bulgaria, Francia) e di destinazione (Francia, Svezia).

La valutazione ex post del FAMI elaborata dal CESE ha permesso di raccogliere feedback articolati e rappresentativi sulle modalità di attuazione del Fondo nei diversi contesti nazionali, evidenziando punti di forza e criticità nelle politiche di asilo, accoglienza e integrazione, e sottolineando l’importanza di un approccio partecipativo e multilivello nella gestione delle politiche migratorie. I risultati di questa valutazione confluiranno nella valutazione generale elaborata dalla Commissione UE.

Efficacia, pertinenza e valore aggiunto della società civile: il bilancio dell’AMIF secondo il CESE

La valutazione ex post condotta dal CESE restituisce un quadro articolato, in cui emergono sia i punti di forza sia le criticità di questo strumento europeo. La maggior parte degli intervistati ritiene che, nel complesso, il FAMI abbia fornito un contributo positivo ed efficace alle politiche migratorie, un parere condiviso soprattutto in Bulgaria e Grecia. Anche in Italia i giudizi sono stati prevalentemente favorevoli, sebbene una minoranza degli intervistati abbia espresso valutazioni negative. In Francia e Svezia, invece, un numero significativo di partecipanti ha preferito non esprimere un’opinione netta, segnalando una certa cautela nel giudicare l’impatto del Fondo.

Tra i principali ostacoli all’efficacia dell’AMIF, le organizzazioni della società civile hanno segnalato oneri amministrativi e burocratici eccessivi, che rischiano di compromettere la qualità e la continuità dei progetti. Spesso, infatti, il personale è costretto a dedicare più tempo alla rendicontazione e alla compilazione di documenti che non all’attuazione diretta degli interventi, a cui si aggiungono difficoltà finanziarie e la natura temporanea dei finanziamenti, che generano fluttuazioni del personale, perdita di competenze e, di conseguenza, un impatto sociale ridotto.

Sul fronte dei sistemi di accoglienza e delle procedure di asilo, il 70% dei rispondenti ha riconosciuto che il FAMI ha migliorato le condizioni di accoglienza all’arrivo nei rispettivi Stati membri, con risultati meno favorevoli in Italia. Il 71% ha valutato positivamente i servizi di informazione, assistenza legale e amministrativa per i richiedenti protezione internazionale, mentre circa la metà degli intervistati ha ritenuto adeguati i servizi di sostegno psicologico e sanitario. Le misure rivolte ai gruppi vulnerabili, in particolare donne e minori non accompagnati, hanno ricevuto riscontri positivi da una quota compresa tra il 50% e il 75% degli intervistati. Tuttavia, solo il 18% ha percepito un netto miglioramento nelle procedure di riconoscimento della protezione internazionale, con valutazioni più favorevoli da parte della società civile e della Grecia, mentre Francia e Italia hanno espresso pareri più critici.

L’integrazione nel mercato del lavoro e l’effettiva inclusione dei cittadini di paesi terzi rappresentano un altro ambito cruciale. Il 68% degli intervistati ha apprezzato i servizi linguistici offerti fin dal primo giorno, ma quasi la metà non è riuscita a valutare il contributo del Fondo nel sostegno al ricongiungimento familiare o all’inserimento lavorativo, segnalando una certa inefficacia e una struttura poco adeguata degli interventi, soprattutto nelle situazioni di lungo termine. Più del 40% ha comunque riconosciuto un impatto positivo del Fondo sulle politiche attive del lavoro e sull’inclusione socioprofessionale di giovani e donne. Le risposte sono risultate però inconcludenti in merito alla capacità del FAMI di contrastare il lavoro sommerso e lo sfruttamento.

Per quanto riguarda la pertinenza del Fondo, il 41% degli intervistati non è stato in grado di valutare l’integrazione del FAMI con altri fondi strutturali. Tuttavia, le autorità pubbliche hanno espresso opinioni più positive e, in Italia, si è sottolineato come l’integrazione tra diversi fondi possa rappresentare un’opportunità per risultati più ampi e duraturi. Circa la metà degli intervistati ha riconosciuto che le politiche locali e dal basso verso l’alto contribuiscono al successo del programma, e il 42% ha giudicato migliorata la governance del sistema migratorio, pur rilevando ancora criticità legate a burocrazia e rigidità amministrativa.

Un dato particolarmente significativo è che l’83% degli intervistati ritiene che il Fondo abbia promosso efficacemente la conoscenza dei diritti e delle opportunità per migranti e rifugiati. Riguardo al miglioramento delle politiche nazionali per la gestione dei flussi migratori legali, le opinioni sono risultate divise, con riscontri più positivi da Bulgaria e Grecia e più critici dall’Italia, confermando la necessità di approcci multidisciplinari e multilivello.

L’inclusione della società civile e delle parti sociali emerge come elemento chiave: il coinvolgimento nella fase di co-progettazione è stato valutato in modo disomogeneo, ma il 68% degli intervistati riconosce il loro ruolo nella fase di attuazione. I programmi del FAMI sono stati giudicati efficaci nel rafforzare le capacità delle organizzazioni e nel favorire la cooperazione tra stakeholder. Inoltre, il Fondo ha contribuito a promuovere la partecipazione sociale e pubblica di migranti e rifugiati (57%) e la sensibilizzazione delle comunità di accoglienza (56%). La comunicazione e l’informazione sui programmi sono state considerate adeguate dal 58% degli intervistati, anche se resta margine di miglioramento.

Raccomandazioni per il futuro dell’AMIF: verso un approccio più efficace, inclusivo e sostenibile

Dall’analisi condotta dal CESE emerge con chiarezza il ruolo essenziale che il FAMI ha svolto nel rispondere alle esigenze degli Stati membri nei settori dell’asilo, della migrazione e dell’integrazione. Tuttavia, la valutazione sottolinea la necessità di una maggiore attenzione all’integrazione a lungo termine dei beneficiari, che rappresenta una delle sfide più rilevanti e complesse per le società europee.

Per rendere il FAMI più efficace, la progettazione e l’attuazione dei programmi dovrebbero essere ulteriormente migliorate, adottando un approccio maggiormente personalizzato e differenziato. È fondamentale che la pianificazione tenga conto delle specificità e delle esigenze Stati membri, siano essi paesi di primo arrivo, di transito o di destinazione, e della loro capacità di risposta. In questo senso, il coinvolgimento attivo del CESE, delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile e di tutti gli stakeholder interessati dovrebbe essere garantito non solo nella fase di valutazione ex ante, intermedia ed ex-post, ma anche nella co-progettazione e nell’attuazione dei programmi futuri. Solo così sarà possibile integrare i contributi raccolti e tradurli in azioni concrete e rispondenti ai bisogni reali dei territori e delle persone coinvolte.

La natura mutevole e imprevedibile dei fenomeni migratori impone una maggiore flessibilità nella definizione e nell’attuazione dei progetti poiché i migranti presentano motivazioni, obiettivi e vulnerabilità differenti che richiedono risposte diversificate, sia in situazioni di emergenza sia nella costruzione di percorsi di integrazione a lungo termine. È quindi necessario che le attività finanziate siano in grado di adattarsi tempestivamente alle priorità e alle esigenze locali e individuali, con particolare attenzione alle persone più vulnerabili.

Un ulteriore aspetto cruciale riguarda la continuità del sostegno: anche quando i beneficiari cambiano status – ad esempio ottenendo un permesso di soggiorno o la cittadinanza – devono poter continuare ad accedere ai servizi e alle misure di integrazione, soprattutto se si tratta di minori o di soggetti fragili. Questo approccio garantirebbe una reale inclusione e una maggiore efficacia degli interventi.

La tempistica rappresenta un fattore determinante per il successo dei progetti: affinché le attività possano essere pianificate e realizzate con efficacia, è fondamentale che i promotori ricevano conferma dei finanziamenti con un preavviso adeguato e che la durata dei progetti sia sufficiente, soprattutto per le azioni di integrazione, che richiedono tempi più lunghi per produrre risultati concreti. Analogamente, la tempestività e l’adeguatezza delle risorse finanziarie sono essenziali: ritardi nell’erogazione dei fondi possono compromettere la continuità delle attività, in particolare per le organizzazioni più piccole, che spesso incontrano difficoltà nella gestione dei flussi di cassa. È quindi auspicabile che le procedure di comunicazione e rendicontazione, pur garantendo trasparenza e rispetto delle norme, vengano semplificate e velocizzate.

La semplificazione burocratica è un’altra priorità: le procedure amministrative risultano spesso complesse e poco chiare, tanto da scoraggiare la partecipazione di molte organizzazioni, specialmente di quelle di dimensioni ridotte. Per migliorare l’accesso ai finanziamenti e garantire che l’attenzione sia rivolta principalmente all’attuazione delle attività sul campo, sarebbe opportuno prevedere una quota di bilancio dedicata al supporto amministrativo, consentendo ai promotori di avvalersi di personale esperto e di dedicare più tempo ai beneficiari finali.

Il personale coinvolto nei progetti costituisce un elemento chiave per la buona riuscita delle attività. Tuttavia, la precarietà delle condizioni di lavoro e l’elevato livello di stress rappresentano ostacoli significativi al reperimento e alla stabilizzazione di operatori qualificati. È quindi necessario prevedere contratti di lavoro di qualità e garantire adeguato sostegno psicologico, riconoscendo il valore e la complessità del lavoro svolto.

Per assicurare la sostenibilità e la continuità degli interventi, sarebbe utile introdurre la possibilità di rinnovare i finanziamenti alle organizzazioni anche per periodi consecutivi, valorizzando l’esperienza maturata e favorendo la stabilità delle reti di supporto.

L’integrazione sociale passa anche attraverso il lavoro: la partecipazione a progetti finanziati dal Fondo ha aumentato le opportunità occupazionali per rifugiati e migranti, ma il potenziale del Fondo in questo ambito deve essere ulteriormente sviluppato, anche attraverso un maggiore coinvolgimento delle parti sociali a tutti i livelli.

Un altro elemento di rilievo è il coinvolgimento diretto delle persone migranti e rifugiate, in particolare di coloro che hanno vissuto esperienze difficili come le vittime di tratta. Le associazioni che le rappresentano dovrebbero essere coinvolte nella progettazione e nell’attuazione dei progetti, poiché la loro esperienza diretta costituisce un valore aggiunto fondamentale per la definizione di interventi realmente efficaci.

Un aspetto particolarmente positivo emerso dalla valutazione riguarda la capacità del Fondo di rafforzare i legami e le reti tra organizzazioni della società civile, istituzioni internazionali, autorità pubbliche, istituzioni accademiche e parti sociali. È fondamentale promuovere e consolidare il dialogo strutturato e la cooperazione a tutti i livelli, favorendo la condivisione di buone pratiche e migliorando la comunicazione tra promotori dei progetti e autorità pubbliche, soprattutto quando le competenze sono suddivise tra diversi ministeri e livelli amministrativi.

Le organizzazioni della società civile, in particolare, si sono rivelate attori chiave per comprendere le esigenze dei destinatari e le sfide dei territori, contribuendo in modo decisivo al successo dei progetti. È quindi indispensabile garantire loro pieno accesso agli inviti a presentare proposte e la possibilità di agire come partner principali.

Infine, in tutti gli Stati membri dovrebbero essere istituiti comitati di monitoraggio e supervisione per il FAMI, con la partecipazione attiva e paritaria delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Questi comitati dovrebbero essere coinvolti nella discussione degli inviti a presentare proposte, nella definizione dei requisiti di partecipazione e in tutte le decisioni chiave relative ai progetti, assicurando così trasparenza, partecipazione e una governance realmente condivisa.

In conclusione, il bilancio del FAMI mostra risultati positivi ma non omogenei, con punti di forza riconosciuti nell’accoglienza, nei servizi di supporto e nella promozione dei diritti, ma anche con criticità legate all’integrazione a lungo termine, alla burocrazia e alla necessità di risposte più flessibili e personalizzate alle esigenze dei migranti e dei rifugiati.

La sfida per il futuro è quella di rafforzare la collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, semplificare le procedure e garantire una maggiore continuità dei finanziamenti, affinché il FAMI possa esprimere appieno il suo potenziale come strumento di integrazione e solidarietà europea.

Per ulteriori approfondimenti: https://www.eesc.europa.eu/sv/our-work/opinions-information-reports/information-reports/ex-post-evaluation-asylum-migration-and-integration-fund-2014-2020-programming-period 


[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A32014R0516 

[2] Durante la valutazione sono state consultate 112 organizzazioni, tra cui parti sociali, società civile, istituzioni internazionali, autorità pubbliche e accademiche. Di queste, 94 sono state coinvolte durante le visite nei paesi e 66 contributi sono stati raccolti tramite questionario online. Per ciò che concerne l’Italia, hanno preso parte alla visita 22 organizzazioni, mentre 12 hanno risposto al questionario.