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Il seguente documento si pone come obiettivo effettuare una riflessione in merito all’impatto dei mercati energetici sullo scenario macroeconomico che attende l’Italia nei prossimi anni. Tale riflessione poggia su una analisi ragionata delle concause che hanno portato alle condizioni attuali: su tali basi, osservando i movimenti dei mercati energetici e l’attuale quadro geopolitico, si disegnano i possibili scenari economici futuri e le loro conseguenze sull’industria italiana.

Crisi energetica, inflazione e scenari geopolitici: quali implicazioni per il futuro?

Negli ultimi anni l’inflazione, spinta dai rincari energetici, ha raggiunto livelli storici in Europa e in Italia con picchi superiori all’8% nel 2022, incidendo profondamente sul potere d’acquisto delle famiglie e sulla competitività delle imprese. Sebbene l’inflazione abbia visto una progressiva riduzione fino ai livelli attuali (a febbraio 2025: 2,4% in zona Euro, 1,7% in Italia),  gli effetti della crisi sono ancora presenti ed i prezzi dell’energia continuano ad esercitare una pressione elevata sui costi sostenuti da imprese e manifattura, mettendone a rischio la competitività, come spesso sottolineano le associazioni di categoria. 

Partendo da questa situazione, è possibile effettuare una riflessione più profonda sugli scenari macroeconomici futuri e sulle implicazioni per il contesto industriale ed economico italiano. L’Italia, come noto, è fortemente dipendente dal gas: esso rappresenta quasi il 40% del totale dei consumi energetici e viene utilizzato per circa il 45% della produzione di energia elettrica, ma ne determina frequentemente il prezzo: comprendere quindi le dinamiche di costo di questa materia prima è estremamente rilevante per disegnare uno scenario futuro.

1. Un panorama in trasformazione

La guerra in Ucraina ha alterato profondamente gli equilibri del mercato energetico globale, aggravando una situazione già precaria causata dalla pandemia. La crisi dei prezzi del gas e la riduzione delle forniture russe – iniziate nel 2021, ben prima dell’invasione – sono state particolarmente sentite dall’Italia dato l’alto livello di import di gas dalla Russia [figura 1]. Questo evento, unito alle sanzioni economiche e alla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento, ha determinato un aumento significativo dei prezzi energetici negli ultimi anni, che ad oggi sembrano aver superato definitivamente il picco raggiunto nell’estate 2022, ma mantengono tuttavia alta volatilità e sono ancora molto esposti agli eventi geopolitici.

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Figura1: Importazioni di gas dalla Russia da parte dell’Italia, espresse in miliardi di metri cubi (2019-2023). Il grafico evidenzia il drastico calo delle forniture negli ultimi anni.


L’Italia ha progressivamente sostituito il gas russo importato aumentando i flussi dai gasdotti ancora disponibili (Algeria ed Azerbaigian) e compensando con quote crescenti di Gnl prevalentemente da Stati Uniti e Qatar, il che ha richiesto – e richiederà ancora – ingenti investimenti infrastrutturali in terminali di rigassificazione. Si noti comunque che tra il 2021 e il 2024 la domanda nazionale di gas è diminuita complessivamente di quasi il 20%, colpendo tutti i segmenti: sia il residenziale per effetto combinato di inverni miti e ricerca di efficienza dovuta ai costi, che il settore industriale per contrazione della produzione delle imprese, in particolare le più energivore in settori quali siderurgia, chimica, carta, vetro, cemento.

L’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti segna un cambiamento potenziale nelle dinamiche geopolitiche globali: le dichiarazioni del neoeletto Presidente ed i primi atti esecutivi del suo gabinetto vanno in una direzione di decisa rottura in termini di politica energetica e ambientale rispetto all’era Biden. Gli Stati Uniti grazie al fracking sono il più grande esportatore mondiale di gas liquefatto e le decisioni prese oltremare incideranno moltissimo anche sulla strategia di approvvigionamento italiana, che ha visto più che raddoppiare negli ultimi due anni la quantità di Gnl importato. Si tenga presente che quello del Gnl è un mercato globale, con diversi attori in competizione tra loro per gli approvvigionamenti, in particolare in Asia: Giappone, Cina, Corea del Sud ne sono grandi importatori, seguiti da Taiwan e dall’India con quote in crescita. È evidente quindi che rispetto al passato i nostri costi energetici sono ancora più esposti a dinamiche globali, al fuori dal nostro controllo.

Di contro, la volontà della Ue sembra per il momento quella di voler continuare a perseguire obiettivi del Green Deal, come dichiarato a più riprese dalla rieletta Presidente Von der Leyen. La Commissione ha recentemente presentato il Clean Industrial Deal, un piano da 100 miliardi di euro per sostenere l’industria, ma sempre nel solco della riduzione delle emissioni. Esso dovrà essere meglio articolato in una serie di pacchetti di norme nei prossimi mesi; tuttavia, con i prezzi dell’energia attuali l’economia e l’industria europee non sono competitive e sarà necessaria una forte dose di pragmatismo nell’attuazione del nuovo piano. A questo si aggiunga la recente volontà dichiarata da Trump di porre dazi alle importazioni, incluse quelle provenienti dall’Europa: alti costi di produzione e barriere all’export non sono una prospettiva favorevole per una piena ripresa del nostro tessuto industriale.

Infine, dovranno essere tenute in debita considerazione le tensioni in altre aree del mondo qualora portassero ad altri conflitti, con impatti sulle catene di approvvigionamento mondiali: Taiwan, Iran e Medio Oriente, penisola coreana su tutti.

2. Uno sguardo ai mercati oggi

Negli ultimi mesi, i prezzi del gas naturale e quindi dell’energia elettrica hanno registrato significative oscillazioni. All’inizio del 2024 l’indice Ttf, riferimento principale per il prezzo del gas in Europa, viveva una lenta ma continua discesa iniziata qualche mese prima, che ha consentito al prezzo dell’energia elettrica in Italia (Pun) di rimanere per alcuni mesi sotto la soglia psicologica dei 100 euro per megawattora. Tuttavia, nella seconda metà dell’anno, spinto da nuove tensioni geopolitiche e da una ulteriore riduzione delle forniture via tubo, si è verificato un ritracciamento al rialzo con il gas, che ha avuto un picco vicino ai 60 euro/MWh nella metà di febbraio 2025, il che ha portato l’energia elettrica in Italia a toccare i 150 euro/MWh: un prezzo tra i più alti tra i Paesi più industrializzati. Nelle settimane successive il trend rialzista sembra essersi arrestato e pochi giorni fa, dopo le aperture ad un cessate il fuoco in Ucraina, l’indice è sceso intorno ai 40 euro, dimostrando ancora una volta quanto la volatilità dipenda dalle tensioni geopolitiche. Quello attuale è un mercato che cerca di stabilizzarsi, ma resta estremamente esposto a fattori sia endogeni che esogeni e speculativi, con dinamiche di domanda e possibili shock temporanei non allineati al trend generale ed oscillazioni di prezzo potenzialmente significative che rendono difficili le previsioni.

Figura 2: andamento della media mensile del prezzo del gas (Ttf) e del prezzo dell’energia elettrica in Italia (Pun) nell’ultimo anno: come noto, la relazione è evidente.

3. Scenari di stabilizzazione: opportunità di ripresa

Valutiamo ora quali sono gli ingredienti necessari per ottenere uno scenario ottimistico, con prezzi in ribasso e meno volatilità. Esso non potrà prescindere da una progressiva risoluzione delle tensioni sullo scacchiere internazionale: il turbolento incontro avvenuto alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky che ha tuttavia portato ad un inizio delle trattative, ha fatto reagire positivamente i mercati. Un accordo per porre fine al conflitto in Ucraina, accompagnato da una distensione delle relazioni diplomatiche seguite, magari, da una progressiva riabilitazione della Russia come partner commerciale, potrebbe consentire un ripristino almeno parziale delle consegne di gas via tubo verso l’Europa con una conseguente riduzione dei costi di approvvigionamento.

Nel contesto di un mercato energetico stabilizzato, l’Europa potrebbe quindi beneficiare di prezzi energetici più competitivi, favorendo una ripresa economica e riducendo la pressione sui bilanci familiari e aziendali. In Italia, gli investimenti nella transizione energetica dovrebbero proseguire con meno limitazioni, con l’obiettivo di ottenere la sicurezza energetica senza aggravare il sistema di ulteriori costi. Supportare le rinnovabili con sistemi di accumulo ed una migliore gestione della rete, mantenendo però una parte delle risorse per investimenti di lungo termine in fonti alternative senza emissioni di carbonio come il nucleare, ma anche biometano e idrogeno.

In questo scenario di complessiva distensione dei rapporti internazionali a partire dalla progressiva risoluzione della crisi ucraina, le imprese italiane meno gravate dai costi energetici e dalle incertezze sulle catene di approvvigionamento, potrebbero riprendere ad investire maggiormente in innovazione e occupazione rafforzando la propria posizione sui mercati.

4. Instabilità geopolitica: un rischio persistente

Uno scenario più critico si delineerebbe in caso di una persistente instabilità geopolitica. Le tensioni globali potrebbero intensificarsi, alimentate da conflitti regionali e cambiamenti nelle alleanze strategiche. Le prime azioni di Trump confermano la volontà di un ritorno degli Usa a politiche protezionistiche e a una minore cooperazione internazionale, ad esempio smarcandosi progressivamente dagli impegni all’interno della Nato, aggravando la frammentazione economica e aumentando la pressione sui mercati.

In questo contesto, l’Europa si troverebbe a dover gestire un aumento del budget per la difesa mantenendo l’incertezza energetica, in un contesto economico globale volatile come quello degli ultimi anni: elementi che scoraggiano gli investimenti e mantengono la pressione sui prezzi al consumo, allontanando la ripresa economica e la possibilità di investimenti delle imprese, con conseguenti ripercussioni su produttività e occupazione.

In questo scenario, l’Italia dovrà affrontare sfide complesse per garantire la stabilità economica e sociale, promuovendo politiche volte a mitigare gli effetti delle crisi energetiche e a favorire la resilienza del sistema produttivo, con la consapevolezza che la coperta è corta: se si utilizzano gli oneri raccolti con le bollette per compensare il caro-energia con sussidi ed aiuti a famiglie e imprese, non potranno essere destinati alla transizione energetica e quindi alla riduzione della dipendenza dal gas, a meno di programmare interventi straordinari in fiscalità generale che tuttavia vorranno certamente essere evitati dal decisore pubblico per ovvi motivi.

5. Quale ruolo per la transizione energetica?

Indipendentemente dallo scenario futuro, la transizione energetica rappresenta una necessità strategica sulla quale l’Unione europea dovrà riflettere: il Green Deal, portato avanti con forza negli ultimi anni ed ulteriormente rafforzato da Repower EU, ha innescato un percorso di diversificazione delle fonti energetiche attraverso investimenti ingenti. Le imprese europee, in particolare in settori strategici, come ad esempio l’industria automobilistica, hanno avviato cicli industriali ormai difficili da fermare completamente. Il potenziamento delle energie rinnovabili e l’elettrificazione dei consumi che mirano a ridurre la dipendenza dal gas hanno come conseguenza l’espansione e modernizzazione delle reti elettriche: tali iniziative in un contesto più stabile rappresentano un’opportunità di sviluppo economico tramite la creazione di nuovi posti di lavoro, dati gli investimenti sottostanti. L’attuale contesto però, con risorse economiche ed investimenti limitati dall’incertezza, impone una pianificazione più attenta, che sia in grado di conciliare gli obiettivi di sostenibilità e indipendenza con la necessità di mantenere prezzi accessibili e garantire la sicurezza energetica in un mercato ancora instabile. La sintesi di queste esigenze, ad oggi, sembra ancora mancare: i principali Paesi dell’Unione (Germania, Francia, Italia e Spagna) hanno background, politiche energetiche ed interessi diversi, così come i Paesi del Nord. La partita si giocherà ovviamente a Bruxelles: l’energia ha ormai dinamiche globali, complesse e interconnesse su cui vi sono pochi margini di manovra per i singoli Governi.

Un inciso a parte merita il recente dibattito di reintroduzione del nucleare mix energetico. Il recente disegno di legge ha il merito di riaprire ufficialmente una discussione a livello nazionale a seguito del rinato interesse intorno a questa tecnologia, ufficializzato con enfasi anche nelle ultime Cop, attraverso la volontà di triplicare entro il 2050 l’attuale capacità installata. Questo dibattito in Italia è estremamente polarizzato, con diverse posizioni sia sui tempi per disegnare il nuovo quadro regolatorio, che su quali siano i reali investimenti necessari. Certo è che il nucleare difficilmente potrà essere realizzato senza aiuti pubblici: non vi sono casi al mondo prima di oggi in cui questo sia avvenuto, che si tratti di finanziamenti diretti, garanzie sui prestiti per abbassare il costo del capitale o incentivazioni della tariffa. L’orientamento appare quello di puntare sugli SMRs (Small Modular Reactors), tecnologia promettente ma ancora non matura su scala industriale, affidandone ai privati la realizzazione e seguendo con interesse la ricerca sulla fusione, che appare però ancora più lontana come soluzione anche solo di medio termine. A prescindere da quella che sarà la scelta sulla tecnologia, andranno comunque allocate le giuste misure di sostegno ad una iniziativa di tale portata, ma questo sarebbe ovviamente più semplice in un quadro economico più stabile dell’attuale.

6. Conclusioni per l’Italia: linee strategiche

Fino a quando uno dei due scenari ipotizzati non si realizzerà, dovremo fare i conti con il permanere di una situazione di incertezza in cui sia il decisore pubblico che le imprese preferiranno giocare in difesa. L’obiettivo di costruire un’economia più resiliente richiederà un impegno coordinato da parte di tutti gli attori, privati ed istituzionali. Gli sviluppi geopolitici e le tendenze del mercato energetico saranno determinanti per delineare il futuro economico del Paese nel breve termine. Le risorse sono limitate e dovranno essere trovate all’interno del sistema energetico nazionale, ripetendo interventi come l’Energy Release o favorendo le imprese nello stipulare contratti di fornitura a lungo termine (PPA, Power Purchase Agreements), valutandone l’esito e correggendo rapidamente la traiettoria dove necessario. Sarà importante continuare a garantire la sicurezza energetica con la capacità di negoziare e diversificare i contratti di approvvigionamento all’ingrosso, sia via tubo che di Gnl, possibilmente con investimenti mirati nell’Upstream. Valutare la ripresa dell’estrazione di gas nel territorio nazionale, in caso di continua instabilità del mercato globale, potrebbe essere un’opzione da approfondire così come attuare un piano nazionale di efficienza energetica per ridurre, dovunque possibile, i consumi non diretti alle attività produttive e che non generano valore, garantendo al contempo il sostegno alle famiglie e alle imprese più colpite attraverso politiche mirate che bilancino crescita economica e inclusione sociale. 

È evidente che trovare la giusta sintesi tra tutte le opzioni possibili non è una partita semplice, ma non può essere più rimandata: pur considerando i limiti nelle risorse disponibili, appare quantomai necessario ridefinire una strategia di politica energetica coraggiosa: se da un lato vanno contemplati tutti i rischi, dall’altro non esiste porto favorevole per il marinaio che non sa dove andare.