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Tra il 19 e il 21 maggio scorsi, si è tenuta a Belgrado, in Serbia, la conferenza di metà mandato della Confederazione europea dei sindacati (Ces) con finalità sia organizzative che di confronto, di particolare rilevanza date le circostanze internazionali eccezionali.

È sempre utile ricordare che la Ces rappresenta oggi 45 milioni di lavoratori e comprende 94 Confederazioni sindacali di 41 Paesi e 10 Federazioni settoriali europee, e che la Cisl, in linea con l’impostazione europeista che l’ha sempre contraddistinta, nel 1973 fu tra le 17 organizzazioni sindacali che la fondarono. Nel corso dei decenni la Cisl ha sempre giocato e rivendicato un ruolo da protagonista nel sindacato europeo (ed internazionale), arrivando ad esprimere anche Segretari confederali e un Segretario generale, Emilio Gabaglio, alla cui memoria la Ces ha inaugurato un premio presentato proprio durante la conferenza. Abbiamo per questo partecipato e contribuito ai lavori di Belgrado con l’impegno e l’attenzione che si deve a questi appuntamenti istituzionali del sindacato europeo, e con la determinazione e il coraggio delle nostre idee.

Come noto, l’Unione europea – e con essa le istituzioni, le organizzazioni, le imprese, le comunità e i cittadini tutti che la compongono – è alle prese con una delicata situazione di transizione. La guerra in Ucraina ha bruscamente interrotto il sogno di pace europeo. Il nuovo approccio internazionale dell’amministrazione Usa ed il susseguirsi di instabilità geopolitiche e crisi internazionali ad alto impatto, anche umanitario e mediatico, hanno fatto rapidamente emergere anche in Europa una questione di sicurezza interna. In aggiunta, le transizioni cosiddette gemelle, quella digitale e quella ecologica, impattano in modo profondo, diffuso e multiforme sul lavoro, rendendo necessari sia, sul lato pratico, ingenti investimenti in sviluppo di tecnologie, competenze e ammortizzatori sociali (per citarne alcuni), sia, sul lato strategico, idee e modelli nuovi che sappiano guardare con lungimiranza alle opportunità emergenti e affrontare con decisione le criticità.

In parallelo, il modello sociale europeo, così come è stato concepito e realizzato nel corso dei decenni, sembra oggi più instabile che mai, a causa di insidie di diversa natura e forze centrifughe. La parabola inflattiva causata in buona parte dalla crisi energetica degli ultimi anni, ed un aumento del costo della vita acuito da criticità salariali, continuano a determinare situazioni di difficoltà in buona parte del continente, in particolare tra le fasce di popolazione più vulnerabili. Si diffondono nazionalismi, estremismi, protezionismi e guerre commerciali che puntano alla dis-integrazione della comunità europea e ne aggravano una crisi di competitività del sistema economico e produttivo, già fortemente colpito dall’invecchiamento della popolazione e dal sempre più impattante mismatching tra domanda e offerta di lavoro. Si aggravano le disuguaglianze economiche, sociali e di possibilità su scala globale, con effetti più gravi sulle fasce di popolazione più deboli e vulnerabili, anche in conseguenza di comportamenti socialmente irresponsabili adottati da alcune aziende multinazionali e grandi gruppi finanziari, specialmente nelle aree più periferiche d’Europa e del mondo.

Non sfuggirà come queste e ovviamente tante altre dinamiche impattino in modo rilevante sul lavoro, sui lavoratori e le lavoratrici dell’Unione Europea, ed è quindi significativo che il sindacato europeo utilizzi i momenti di confronto come la conferenza di Belgrado, per riflettere sul percorso svolto finora e per proporre una strategia di azione unitaria.[1]

Un patto equo per i lavoratori

Il mandato espresso alla Segreteria confederale dal Congresso di Berlino è racchiuso nel cosiddetto Manifesto di Berlino, adottato per l’appunto in quell’occasione, che individuava 5 aree di azione per un patto equo per i lavoratori.[2]

Per primo, l’obiettivo di mettere fine alla crisi determinata dal costo eccessivo della vita, dando priorità a dialogo sociale e contrattazione collettiva, e facendo pressione sulla Ue affinché siano tutelati i lavoratori, le lavoratrici e i loro salari, dagli effetti economici e sociali dell’inflazione e da dinamiche oppressive quali il dumping sociale e le disparità di salario di genere.

Al secondo punto del Manifesto, la Ces si impegna a promuovere una trasformazione che funzioni per i lavoratori, assicurando ai lavoratori e alle lavoratrici un coinvolgimento nella gestione delle nuove tecnologie, su orari flessibili e sulle nuove modalità di lavoro da remoto, mediante l’estensione del diritto alla formazione continua.

La terza area mira alla realizzazione di un tessuto economico e sociale equo, fondato su crescita sostenibile, progresso sociale e la creazione di posti di lavoro dignitosi da raggiungersi attraverso una politica industriale europea forte, l’introduzione di condizionalità sociali, una tassazione progressiva, la redistribuzione della ricchezza, l’accesso a servizi pubblici di qualità, il contrasto alle discriminazioni e alle disparità, la riforma del Patto di stabilità e crescita.

La quarta area riguarda la valorizzazione della pace e della sicurezza mediante un’azione forte in tema di cambiamento climatico e transizione giusta, difesa dei valori democratici, dei diritti umani, dei lavoratori e dei migranti.

Il quinto ed ultimo punto del Manifesto punta a rafforzare la voce dei lavoratori e dei sindacati e focalizza il campo di azione sul rinnovamento sindacale nei Paesi delle organizzazioni affiliate, mediante un maggiore coinvolgimento dei giovani, l’integrazione di nuove modalità di azione sindacale, anche digitali, l’estensione e la difesa della contrattazione collettiva a vari livelli e dei principi democratici sul posto di lavoro, e la promozione del dialogo sociale europeo.

Risultati raggiunti e nuove sfide

La conferenza di Belgrado è stata l’occasione per la Segreteria confederale Ces di presentare i risultati ottenuti proprio in relazione alle intenzioni espresse nel Manifesto di Berlino e dettagliate nel Programma di Azione 2023-2027,[3] discutere le recenti evoluzioni e, sulla base di queste, proporre una strategia di azione aggiornata ed ottenere il mandato dell’assemblea a perseguirla nei prossimi mesi, fino al prossimo Congresso nel 2027. La Ces rivendica di aver ottenuto negli ultimi due anni progressi significativi: nuovi diritti per i lavoratori con la direttiva sul lavoro su piattaforma, la direttiva sulla dovuta diligenza, il regolamento contro il lavoro forzato, la direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese, una maggiore protezione dei lavoratori contro il piombo e altre sostanze pericolose, la dichiarazione di Val Duchesse, la dichiarazione di La Hulpe, il patto di dialogo sociale e le proposte di direttiva sui Comitati aziendali europei e sui tirocini. Sebbene, al di là di questi proclami, siano evidenti alcune criticità sia negli effettivi risultati raggiunti, sia talvolta nelle stesse rivendicazioni sindacali.

La Ces guarda anche con grande preoccupazione all’emergere di un contesto geopolitico sempre più caratterizzato dall’affermazione degli interessi nazionali attraverso la forza e le guerre reali, economiche e commerciali, piuttosto che dal rafforzamento della cooperazione multilaterale. Un contesto nel quale i diritti sociali e dei lavoratori, e lo spazio di manovra e di legittimazione delle organizzazioni sindacali rischiano di essere surclassati da eccessive deregolamentazioni, liberalizzazioni, politiche di austerità e financo di messa in discussione dello stato di diritto e dei diritti sindacali. Tremendamente efficaci e suggestivi sono stati gli interventi tenuti durante i due giorni da Belgrado, da esponenti di organizzazioni sindacali che, per vari motivi, si trovano in prima linea a doversi confrontare con drammatiche situazioni di attacco alle libertà e ai diritti sindacali, del lavoro e civili in Ucraina, Bielorussia, Serbia, Georgia, Turchia, Estonia ed Ungheria.

Preoccupano anche le regole di governance economica dell’Ue, l’assenza di meccanismi di investimento europei permanenti e urgenti, le politiche della Bce e le rinnovate spinte all’austerità in tutta Europa stanno mettendo sotto pressione i servizi pubblici, la sicurezza, la protezione sociale e i sistemi pensionistici, la qualità dei posti di lavoro e la contrattazione collettiva. Nell’agenda politica europea le politiche e gli obiettivi di semplificazione raccolgono sempre maggiore consenso, ed una sua miope attuazione attraverso processi di deregolamentazione rischia di vedere smantellati alcuni importanti successi ottenuti negli anni è concreto e in alcuni casi già reale, come ad esempio in materia di sostenibilità e dovuta diligenza. A preoccupare ulteriormente sono l’accelerazione del ritmo dei cambiamenti tecnologici (soprattutto nell’IA e nella digitalizzazione), la trasformazione industriale, il cambiamento delle dinamiche commerciali, la crescente influenza delle piattaforme digitali e gli eccessivi squilibri economici e di potere a queste associati.

La Dichiarazione di Belgrado

Nell’offrire risposte a queste sfide, i lavori della conferenza hanno seguito uno schema che la Segretaria generale Esther Lynch, in conclusione dei lavori, ha efficacemente riassunto in tre punti: come rafforzare il sindacato, come affrontare le minacce, come costruire un progetto di speranza. Le proposte sono state oggetto di dibattito e commento da parte delle organizzazioni affiliate durante la conferenza, e sono richiamate nella Dichiarazione di Belgrado, un documento che è stato approvato a larghissima maggioranza.[4]

Si tratta di risposte che ricalcano in buona parte le intenzioni espresse nel Manifesto di Berlino, con un rinnovato senso di urgenza. Il futuro dell’Europa, del lavoro e del sindacato, dipendono in buona parte dalla tenuta e dal rafforzamento del sistema istituzionale democratico e del modello sociale europeo, il quale a sua volta è strettamente correlato alla creazione di posti di lavoro di qualità, di salari e pensioni dignitose, alla fissazione e al perseguimento di standard sociali minimi, al rafforzamento del dialogo sociale e della contrattazione collettiva.

Andando un po’ più nel dettaglio dei diversi piani sui quali la Ces intende agire nei prossimi anni, rimangono valide le 5 aree indicate nel Manifesto di Berlino.[5] Per mettere fine alla crisi determinata dal costo eccessivo della vita (1) la Ces intende continuare il supporto alle organizzazioni affiliate per la trasposizione e implementazione, a titolo esemplificativo, della direttiva sulla trasparenza retributiva, di quella sul lavoro tramite piattaforma e di quella relativa a salari minimi adeguati nell’Ue e quindi all’estensione della copertura della contrattazione collettiva nei Paesi membri.

In funzione di una trasformazione che funzioni per i lavoratori (2), intende mobilitarsi in vista di una nuova direttiva sulla transizione giusta e di investimenti pubblici e privati sul modello Sure, una direttiva sul diritto alla disconnessione e il lavoro agile, una direttiva sulla regolamentazione dell’IA, una direttiva per la prevenzione di molestie e violenze sul posto di lavoro.

Per un tessuto economico e sociale equo (3), è indispensabile guardare a strumenti di investimento comuni a livello europeo, sia in seno alle politiche sociali, sia in favore di una politica industriale comunitaria competitiva e legata a condizionalità sociali che garantiscano salari dignitosi, tutele e diritti sindacali.

In riferimento all’obiettivo di valorizzazione della pace e della sicurezza (4), a fronte degli ultimi accadimenti la Ces reitera con fermezza il proprio appoggio ai lavoratori e a sindacati liberi in Ucraina, in Medio Oriente e in tutte le aree di conflitto, promuove un ruolo protagonista dei suoi affiliati ai processi di pace locali, mette in guardia dal trasferimento di fondi comunitari per il sociale verso nuovi investimenti in sicurezza, insiste che l’allargamento dell’Ue ai nuovi candidati proceda di pari passo con conquiste in ambito sociale.

Ultima dimensione trasversale e cruciale per il successo dell’azione, è ancora il rafforzamento della voce dei lavoratori e dei sindacati (5), tramite la realizzazione di un’agenda di rinnovamento ancora più efficace e orientata verso il coinvolgimento di giovani e donne, la difesa e la promozione del dialogo sociale, della contrattazione collettiva, della solidarietà internazionale, delle capacità di organizzazione e mobilitazione e dei diritti sindacali in Europa e nel mondo.

Senza rinunciare al proprio approccio non-ideologico e al proprio giudizio sul merito, la Cisl ha sostenuto convintamente la Dichiarazione di Belgrado e gli intenti espressi durante la conferenza, che coincidono in larga parte con quanto già indicato nel Manifesto Cisl Insieme per un’Europa nuova: lavoro, coesione, partecipazione del maggio dello scorso anno.[6]

Il contributo della Cisl

Le sfide da affrontare sono tante e complesse, e a queste non può che essere data risposta organica, a livello europeo, superando interessi particolari, radicalizzazioni ideologiche ed irredentismi localistici. La pace, la giustizia sociale e la sicurezza sono impossibili senza un’economia equa, ma anche senza un’Europa più integrata. Sfide complesse richiedono risposte complesse, ma anche concrete. Azioni basate sul dialogo sociale, sulla contrattazione, sulla partecipazione, sulla democrazia economica, sulla salute e sicurezza e sulle protezioni sociali, che siano capaci di sostenere i cittadini nelle transizioni e di dare una prospettiva di pace, prosperità, equità ed inclusione. Ci guidano in questo i recenti Rapporti Draghi[7] e Letta,[8] i quali offrono preziosissime indicazioni per una prospettiva europea economica e sociale sostenibile.

È stata inoltre l’occasione per evidenziare i risultati raggiunti nel nostro Paese su temi strategici come la salute e sicurezza con la recente introduzione della patente a crediti, strumento da sempre rivendicato dalle OO.SS. italiane in particolare nell’ambito dell’edilizia; così come l’approvazione della legge sulla partecipazione che permette al sistema italiano di allinearsi alle tante esperienze europee di partecipazione alle scelte strategiche d’imprese attraverso una maggiore valorizzazione della contrattazione.

Il modello economico europeo, unico al mondo nel suo genere, deve continuare a preservare, difendere e supportare la propria natura sociale e i princìpi democratici che ne sono alla base. Anche rispetto all’allargamento dell’Unione europea, nella risoluzione votata alla conferenza viene giustamente sottolineato come tra i princìpi democratici ai quali i Paesi candidati si impegnano ad aderire non possano mancare presidi sociali quali le libertà sindacali, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva. È sempre più evidente però che la sopravvivenza del modello europeo alle trasformazioni attuali sia strettamente condizionato dalla sua capacità di riformarsi. Gli anni della pandemia da Covid-19 hanno dimostrato l’efficacia di soluzioni nuove e comuni che dovrebbero essere d’insegnamento anche per il contesto attuale: si pensi al Programma Sure, alla sospensione dei vincoli di bilancio, alle politiche fiscali espansive e allo strumento del Next Generation Eu. Ai deficit odierni di competenze, tecnologia e competitività, allo scarso accesso a materie prime indispensabili e al nuovo scenario commerciale globale è necessario fornire risposta mediante politiche economiche ed investimenti, che per noi non possono che procedere sistematicamente in parallelo con gli obiettivi sociali e di coesione. Occorre altresì rilanciare il progetto europeo attraverso una vera strategia di integrazione politica che dia finalmente luce ad un assetto decisionale comunitario, superando in particolare il voto all’unanimità nel Consiglio,  in grado di rispondere con la dovuta rapidità ed efficacia alle questioni di rilevanza comune, ivi comprese le questioni di sicurezza, che possono essere affrontate con successo solo all’interno di una più ampia strategia di politica estera europea, nonché quelle relative all’allargamento.

La Cisl è fermamente convinta che la contrattazione e la ricerca incessante di dialogo sociale costituiscano i metodi più efficaci con cui il sindacato possa modificare l’esistente, valorizzando il modello sociale europeo che ci caratterizza da altri sistemi nel mondo, a partire da Usa e Cina. Per sviluppare un nuovo modello di sviluppo dal volto umano, dove le innovazioni tecnologie e la competitività siano funzionali al benessere sociale ed al rispetto dell’ambiente, è indispensabile realizzare un nuovo contratto sociale fondato su sistemi partecipativi, anche transnazionali, di governance d’impresa e di gestione del mercato del lavoro.

Questa è la prospettiva che la CISL ha portato alla conferenza e con la quale quotidianamente partecipa e contribuisce al sindacato europeo, promuovendone la riflessione critica e princìpi di multilateralismo, solidarietà internazionale, partecipazione, corresponsabilità e azioni basate sulla rappresentanza sociale e non politica, quindi pragmatiche e non ideologiche, volte a perseguire i bisogni dei cittadini e lavoratori, europei e nel mondo.


[1] A presiedere i 3 giorni di lavori è stato Wolfgang Katzian, austriaco, Presidente della Ces. La vera regia della conferenza è stata affidata a Esther Lynch, irlandese, Segretaria generale, e da tutta la Segreteria confederale eletta al Congresso di Berlino del 2023, composta da Claes-Mikael Stahl (Svezia), Isabelle Schömann (Germania), Tea Jarc (Slovenia), Ludovic Voet (Belgio) e Giulio Romani.

[2] https://etuc.org/en/document/etuc-berlin-manifesto

[3] https://etuc.org/en/document/etuc-action-programme-2023-2027

[4] https://etuc.org/en/document/belgrade-declaration

[5] Il documento che riassume le proposte esposte alla conferenza ha il titolo: Delivering a Fair Deal for Workers in a Changed World, traducibile come Garantire ai lavoratori un accordo equo in un mondo che è cambiato. Questo riprende e aggiorna il manifesto Ces per le elezioni al parlamento europeo del 2024, Delivering a Fair Deal for Workers.

[6] https://www.cisl.it/wp-content/uploads/2024/05/Documento-Cisl-Insieme-per-unEuropa-nuova.pdf

[7] https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/AT033.pdf 

[8] https://www.consilium.europa.eu/media/ny3j24sm/much-more-than-a-market-report-by-enrico-letta.pdf