Nel 1997, con la legge 196/1997, viene introdotta l’attività di interposizione, svolta dalle agenzie interinali, ossia le società di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo.
Nel 1998 nascono NIdiL Cgil, Alai Cisl (oggi Felsa Cisl) e Cpo Uil (oggi Uil Temp), tre nuove strutture di rappresentanza sindacale chiamate a rappresentare, tra gli altri, i lavoratori interinali (oggi somministrati). Sin dal primo Ccnl sottoscritto (1998) viene prevista la figura del delegato sindacale. Saranno proprio queste strutture sindacali a sperimentare le forme di rappresentanza nell’ambito della somministrazione, proponendo modifiche nei rinnovi contrattuali, alla luce dell’esperienza realizzata sul campo, al fine di individuare il modello più efficace.
Arrivati ad un sistema da considerarsi ormai sperimentato e piuttosto consolidato, l’attenzione può volgersi verso coloro i quali di fatto sono i protagonisti della rappresentanza, ossia i delegati sindacali sui luoghi di lavoro.
Per questo, la Fondazione Ezio Tarantelli ha realizzato una ricerca, finanziata da Ebitemp, con lo scopo di “conoscere” i delegati sindacali nel settore della somministrazione di lavoro.
Il percorso di ricerca ha avuto l’obiettivo di verificare se vi siano competenze specifiche, sia di natura cognitiva che non cognitiva, associabili al rappresentante dei lavoratori somministrati. Dal punto di vista metodologico, la ricerca si è caratterizzata per un approccio di tipo quali-quantitativo. L’elaborazione e l’interpretazione dei dati, raccolti prevalentemente mediante focus group organizzati in presenza o online, ha permesso di descrivere il contesto in cui operano i delegati della Felsa Cisl, le caratteristiche di questa figura di rappresentanza, le prassi e i comportamenti agiti. La ricerca è stata organizzata in quattro fasi:
- realizzazione di una mappatura della presenza delle Rsu/Rsa nelle imprese utilizzatrici, al fine di individuare il campione utile per la raccolta dati;
- costruzione degli strumenti di ricerca;
- raccolta dei dati, attraverso questionari di raccolta dati, focus group, schede di osservazione e interviste in profondità;
- elaborazione dei dati e ricostruzione della figura del delegato sindacale del lavoro somministrato.
In particolare, sono stati realizzati otto focus group in presenza: 2 in Lombardia e gli altri in Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania. A questi si è aggiunto un focus group on line con la partecipazione di delegati di Abruzzo, Umbria e Marche. Complessivamente hanno partecipato 59 delegati.
Sono state realizzate inoltre tre interviste in profondità che hanno interessato una dirigente regionale della Felsa Cisl, un delegato di un’azienda chimica e una delegata in servizio presso una Prefettura.
In questo articolo verrà presentata soltanto una parte dei risultati della ricerca , ossia la ricostruzione della figura del delegato dei lavoratori somministrati, sulla base di quanto emerso dalla elaborazione dei focus group.
La figura del delegato sindacale nella somministrazione
Il delegato dei lavoratori in somministrazione si colloca in un progetto di innovazione sindacale, nel quale, da una parte, va costruito il ruolo e definito il profilo del rappresentante dei lavoratori nelle imprese utilizzatrici (sotto forma di Rsa o Rsu), dall’altra devono essere imbastiti la rete e il sistema di relazioni del delegato all’interno dei confini della somministrazione, con le imprese utilizzatrici e con i delegati dei lavoratori diretti.
I dati raccolti hanno evidenziato alcuni elementi che mostrano come il delegato sindacale nella somministrazione si inserisca all’interno di questo nuovo schema organizzativo, rappresentando caratteristiche e azioni trasversalmente comuni alla figura del delegato e caratteristiche distintive di questo specifico ruolo.
Per delineare questa figura secondo la logica sopra rappresentata, sono state individuate quattro chiavi di analisi: la motivazione ad assumere il ruolo, le competenze agite, le criticità del ruolo, le aspettative degli intervistati verso il proprio ruolo e l’organizzazione sindacale di appartenenza.
La motivazione
La scelta ad assumere il ruolo del delegato rappresenta un processo decisionale complesso, che varia per ciascun caso, ma che in genere coinvolge diversi attori: i responsabili del sindacato di settore, gli altri delegati presenti in azienda, gli iscritti e i colleghi di lavoro. All’interno di questo processo intervengono anche la motivazione individuale e la consapevolezza di assumere un impegno importante, basati sul possesso di una motivazione ideale intrinseca e di una disponibilità volontaristica.
I delegati intervistati hanno individuato alcune ragioni prevalenti che li hanno condotti ad assumere l’impegno sindacale: quasi tutti hanno dichiarato di avere un buon rapporto con il referente Felsa Cisl, hanno deciso di dare disponibilità al sindacato perché hanno partecipato a delle assemblee, oppure hanno avuto bisogno di informazioni o assistenza, conoscendo di conseguenza, l’operatore territoriale del sindacato. Inoltre, hanno sentito di dover assumersi la responsabilità di rappresentare lavoratori “vulnerabili”, perché spesso giovani alle prime esperienze lavorative, perché soggetti all’incertezza della temporaneità del contratto di lavoro e perché considerati spesso lavoratori “di serie B” rispetto ai colleghi dipendenti diretti dell’impresa utilizzatrice. Fare il delegato dà inoltre la possibilità di conoscere con maggiore dettaglio i propri diritti, di acquisire sempre conoscenze e competenze nuove, utili a fronteggiare i propri problemi e quelli dei colleghi. Non mancano poi i delegati che sono già stati sindacalisti in precedenti esperienze lavorative e danno per scontato l’impegno anche nell’esperienza come lavoratori somministrati. “Combattere le ingiustizie” è la spinta che mobilita il voler agire, che svela la presenza di un ideale di condivisione e solidarietà, spesso tacito, ma che emerge dalla discussione.
La disponibilità all’impegno sociale, in particolar modo nell’ambito sindacale, si esprime nel sentirsi utile, nel voler risolvere i problemi individuali e collettivi, nel sentire senso di appartenenza alla propria organizzazione sindacale, ma anche nel dare continuità a una tradizione familiare e voler accedere direttamente alla rete informativa del sindacato. Emerge in modo particolarmente evidente la forza della dimensione emotiva nel voler dare dignità, parità di trattamento (non soltanto dal punto di vista economico) e completa inclusione a una tipologia di lavoratori che spesso vengono considerati “minori” rispetto agli altri colleghi, per i quali vanno rivendicati anche i diritti fondamentali (seppur regolati dal punto di vista normativo e negoziale). I delegati della somministrazione sono chiamati prima di tutto a testimoniare l’esistenza di questa modalità di lavoro, a rendere visibile l’importanza del contributo che i colleghi che rappresentano danno nell’organizzazione del lavoro e nella produzione di beni e valore economici.
Le competenze
La definizione di un “profilo professionale” del sindacalista non è semplice, perché è molto complesso indicare con precisione e completezza i compiti che dovrebbe svolgere, le responsabilità e le prerogative che può esercitare, i confini della sua azione, nonché i risultati attesi. Questo è ancor più vero nel caso si voglia definire il profilo professionale del delegato sindacale, che proprio in virtù della sua esposizione quotidiana alle sollecitazioni e ai bisogni dei lavoratori, si trova a far fronte ad una moltitudine di richieste di intervento, non sempre facili da collocare all’interno dei compiti che dovrebbe svolgere nell’esercizio del suo ruolo.
La competenza del sindacalista si presenta infatti come il risultato di un percorso che appartiene a persone che hanno costruito il proprio “mestiere” interpretando la realtà e agendo su essa. Per mettere in atto la capacità di agire, il delegato ha efficacemente miscelato saperi scolastici e risultati di processi di apprendimento informale, consolidando un’esperienza fatta di applicazioni di prassi codificate ed elaborazione di questioni astratte, affrontando spesso temi e problemi non incontrati in precedenza. Pertanto la competenza del sindacalista non può non essere pensata che come una competenza situata, contestuale, costruita prevalentemente attraverso un processo di apprendimento esperienziale e tacito.
Gli strumenti di raccolta dei dati utilizzati durante la fase empirica della ricerca hanno permesso di far emergere alcune competenze chiave per il ruolo sindacale classificabili in due macro aree: le competenze chiave dell’Unione europea e le competenze sindacali in senso stretto.
Per quanto riguarda le competenze chiave dell’Unione europea, i dati raccolti mettono in evidenza in particolare l’esercizio di competenze di tipo personale e sociale, come l’empatia, la disponibilità verso gli altri, la capacità di lavorare con gli altri, la motivazione e la perseveranza, la capacità di prendere l’iniziativa, il problem solving e l’autoconsapevolezza e l’autoefficacia.
Sul versante più squisitamente sindacale, le competenze che emergono riguardano soprattutto il saper rappresentare, ossia farsi carico ed essere riferimento per i lavoratori, la capacità di intercettare i bisogni dei lavoratori e quella di leggere un Ccnl. La competenza relativa ad agire per ampliare la base associativa, in alcuni casi è tacita, ma generalmente meno presente tra i delegati intervistati.
Le criticità
Rappresentare oggi i diritti e le esigenze dei lavoratori, che richiedono risposte immediate e puntuali, esige dal sindacalista di base di diventare un vero e proprio consulente personale. In una società in cui il lavoro e i percorsi di vita sono sempre più frammentati, il bisogno di tutela del lavoratore, prima ancora che l’offerta di rappresentanza, diventa anzitutto individuale.
Anche per i delegati della somministrazione ricorrono questi aspetti di complessità nella gestione del ruolo, ma nel loro caso appaiono particolarmente critici anche altri aspetti tipici del contesto in cui operano.
Il primo tema è quello del riconoscimento di pari dignità (e di conseguenza, pari diritti) tra i lavoratori somministrati e i lavoratori diretti: appare particolarmente centrale e prioritaria la necessità di far riconoscere il valore e il contributo dei lavoratori somministrati all’interno del processo produttivo, nelle dinamiche di collaborazione con i lavoratori diretti, nel riconoscimento anche di alcuni diritti fondamentali (fornitura dispositivi di sicurezza e divise da lavoro).
Il secondo elemento critico è relativo al tema della temporaneità dei contratti e alla delicatezza della fase di scadenza dei contratti dei lavoratori in attesa di rinnovo o di cessazione del rapporto di lavoro. Per i delegati dei somministrati questo aspetto è particolarmente difficile da gestire ed affrontare: da una parte la consapevolezza di non avere un ruolo nella decisione dell’azienda utilizzatrice e dell’agenzia per il lavoro; , dall’altra la necessità di assorbire e curare le dinamiche emotive dei lavoratori in attesa di conoscere il proprio futuro. In questo caso i delegati hanno sottolineato come sentano necessario e doveroso offrire il proprio supporto ai lavoratori e allo stesso tempo quanto l’esercizio dell’empatia possa non permettere di esercitare un legittimo distacco tra impegno sindacale e vita privata. Si deve tener conto che spesso anche i delegati sono lavoratori in attesa di rinnovo di contratto e hanno bisogno di gestire le proprie emozioni senza mostrarlo ai lavoratori.
Un altro fattore di criticità emerso durante l’indagine empirica è la difficoltà a costruire un rapporto collaborativo e complementare con le Rsu dei lavoratori diretti. Questo problema è affrontato con grande onestà e rispetto da parte dei delegati dei somministrati verso i propri “colleghi” che rappresentano i lavoratori diretti. Da una parte c’è la consapevolezza che spesso le Rsu dei lavoratori diretti non conoscono il sistema contrattuale e regolatorio del lavoro in somministrazione e neanche la possibilità di eleggere delegati specifici per questi lavoratori; dall’altra la comprensione della difficoltà da parte delle Rsu dei diretti a “difendere” i lavoratori somministrati, rischiando che i propri rappresentati temano di perdere qualcosa in cambio di un miglioramento per i colleghi somministrati.
Infine, emerge chiaramente il fortissimo legame tra delegato e operatori e dirigenti della propria categoria. Un rapporto forte, basato sulla fiducia e la stima, sulla certezza di avere un punto di riferimento sempre disponibile ed efficace per affrontare problematiche complesse o ancora sconosciute ai delegati (spesso ai primi passi nell’impegno sindacale). Questo fattore è sicuramente un punto di forza per la tenuta del sistema di rappresentanza e di tutela del lavoro somministrato, ma anche per la Felsa come organizzazione sindacale.
Le aspettative
Le aspettative espresse dai delegati intervistati si possono racchiudere in due macro temi: la formazione sindacale e la rete sindacale.
I delegati coinvolti nella ricerca richiedono una formazione di tipo continuo, che da una parte li possa tenere aggiornati su tematiche di tipo normativo e contrattuale soggette ad aggiornamento periodico e che, dall’altra, affini alcune competenze relative alle capacità contrattuali e negoziali, a quelle di proselitismo, alla gestione delle criticità. Viene chiesta espressamente una formazione che li supporti a gestire l’emotività, a conciliare la vita personale e quella sindacale, a trovare un equilibrio tra la spinta ad empatizzare con i problemi dei lavoratori e la necessità di mantenere una adeguata lucidità e un necessario distacco per svolgere al meglio il proprio ruolo, ma anche per tutelare la propria tenuta psicologica.
L’opportunità di partecipare a percorsi formativi è considerata dai delegati la dimostrazione che la propria organizzazione sindacale pone attenzione a loro come delegati e come persone, viene vista come occasione di scambio, di creazione di relazioni, di apertura a nuove prospettive.
Il secondo tema su cui i delegati indirizzano le proprie aspettative è quello di avere maggiori opportunità di incontro, non di tipo formativo, ma tra gruppi di delegati. La necessità di raccontare la propria esperienza e di ascoltare quella degli altri è sentita in modo molto forte, tanto che la partecipazione ai focus group è stata considerata un momento di grande arricchimento reciproco e di acquisizione di maggiore consapevolezza. Fare gruppo tra i delegati è il primo anello di una rete più ampia, maggiormente ricca di risorse ed esperienze, che li può accompagnare nel loro percorso sindacale.Il percorso di ricerca realizzato ha permesso di conoscere le esperienze vissute dai delegati sindacali della somministrazione attraverso il loro racconto, che ha fatto emergere prassi, comportamenti e competenze complesse e mature di tipo cognitivo e non cognitivo, permettendo di delineare alcune caratteristiche di questa figura, il suo fare ed essere sindacato, in un contesto “di frontiera” , quale quello del lavoro in somministrazione.