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Grazie a tutti per questa giornata di riflessione e memoria.

Voglio ringraziare l’Associazione Amici di Marco Biagi, l’amico Maurizio Sacconi e la Fondazione Ezio Tarantelli per aver scelto di legare il ricordo di Marco a un tema centrale per il futuro del lavoro e della nostra società: la partecipazione.

Un abbraccio colmo di stima e di affetto a Marina Orlandi e alla fondamentale testimonianza di cui si fa tenace e coraggiosa protagonista da tanti anni.

Abbiamo bisogno di persone così. E di iniziative come quella di oggi.

Tanto più in questo tempo difficile e di transizione, in cui siamo chiamati a fare i conti con i danni di un’ideologia che ha frenato l’Europa e il Paese per decenni.

VISIONE COMUNITARIA DI BIAGI 

Oggi non celebriamo solo il pensiero di un grande giurista, ma rendiamo omaggio a un uomo che ha dedicato la sua vita allo studio e alla ricerca di interventi concreti per un mondo del lavoro più equo, moderno e sostenibile.

Biagi aveva una visione, ed era una visione comunitaria: credeva nella forza del dialogo, nella capacità delle parti sociali di trovare soluzioni condivise, dinamiche, adattive, e nella necessità di un sistema di relazioni industriali orientato alla concertazione e alla responsabilità.

PIÙ DI UN ACCADEMICO 

Marco era molto più di un accademico.

Era un giurista progettuale, un pensatore che non si limitava all’analisi teorica, ma che cercava strumenti concreti per migliorare le relazioni tra impresa e lavoro.

Era consapevole che il lavoro cambia e che, per garantire diritti e tutele, è necessario aggiornare regole e modelli contrattuali e istituzionali.

Credeva che l’incontro negoziale, quindi la partecipazione tra impresa e lavoro, fosse la via maestra per costruire un sistema di relazioni più equo, tutelante e competitivo.

DALL’ANTAGONISMO ALLA COOPERAZIONE 

Non tutti ricordano che, solo un mese prima della sua tragica morte, partecipò a un importante confronto sulla partecipazione dei lavoratori e l’Europa.

Un incontro dove il giurista si chiedeva, preoccupato, se il futuro del lavoro sarebbe rimasto ingabbiato nell’antagonismo novecentesco.

O se invece istituzioni e parti sociali avrebbero trovato il coraggio di farlo evolvere su modelli nuovi, incentrati sulla cooperazione, sulla corresponsabilità.

A ventitré anni dalla sua scomparsa, questa domanda è ancora attualissima.

E rispondere ormai è inevitabile.

La storia, quella con la S maiuscola, è andata avanti, e oggi mette ognuno di noi, ogni soggetto sociale, politico, istituzionale, di fronte a una scelta.

L’opzione di perpetrare il paradigma di sempre, condannando al perpetuo muro contro muro i rapporti sociali.

Oppure la scelta di prendere il coraggio a due mani e ascoltare chi, come Biagi, Tarantelli, Caffè, hanno saputo vedere quello che in tanti, per convenienza o miopia, per decenni hanno di fatto ignorato.

INTUIZIONI RIFORMISTE E OSTACOLI IDEOLOGICI

Già allora guardava a un mercato del lavoro polarizzato dalla spinta tecnologica, dalla globalizzazione, dall’interdipendenza dei mercati.

Già allora teorizzava la predisposizione di tutele per ogni tipologia contrattuale, la promozione di relazioni industriali sempre più di prossimità, sempre più ritagliate sull’esigenza di ogni comunità lavorativa.

Già in quella stagione guardava alla partecipazione dei lavoratori e della democrazia economica, come pure dell’integrazione europea nella regolazione e nella protezione del lavoro.

Intuizioni che hanno indicato una via riformista che la Cisl ha sostenuto convintamente, ma che purtroppo è stata interrotta.

E – mi permetterete – non solo dalle pallottole delle Brigate Rosse, ma anche dalla falsa e vigliacca retorica di chi, negli ambienti antagonisti della politica e anche del sindacato, ha deliberatamente demolito la figura di Biagi.

Il primo vero ostacolo al suo “giuslavorismo pragmatico” è stato proprio questo irrigidimento ideologico, questa disgustosa strumentalizzazione che ha interrotto le necessarie innovazioni e bloccato ogni riforma.

Su tutto questo la Storia, sempre lei, è stata il più severo giudice.

UN SISTEMA DI TUTELE UNIVERSALI

Le conseguenze della pandemia, l’accelerazione tecnologica, il rapido e profondo mutamento del mercato del lavoro e della composizione sociale, hanno amplificato criticità che invocano, per essere sanate, una definitiva evoluzione in forma universalistica del nostro sistema di protezione e promozione dell’occupazione.

Lavoro che va rilanciato soprattutto negli aspetti qualitativi, non solo mediante leve istituzionali, ma anche attraverso una rete sussidiaria, bilaterale, chiamata oggi come mai ad essere protagonista nelle politiche del lavoro.

Nell’organizzazione post-fordista la gestione congiunta, le protezioni contrattuali, i servizi privati per l’impiego, la formazione perpetua, sono elementi essenziali per garantire una competitività non “al ribasso”, non fondata sulla compressione del costo del lavoro, ma al contrario sulla sua valorizzazione, responsabilizzazione e centralità creativa nelle dinamiche di crescita.

PARTECIPAZIONE COME SFIDA STRATEGICA

È in questi termini che si gioca la partita strategica della partecipazione.

Vogliamo realizzare pienamente quello che un’altra grande figura, purtroppo anch’essa vittima della barbarie brigatista, Ezio Tarantelli ci ha insegnato.

Mi riferisco a quello che Tarantelli definiva il “ruolo economico del sindacato” nel democratizzare, umanizzare, rendere più efficienti le relazioni industriali.

PARTECIPAZIONE, CONTRATTAZIONE, CONCERTAZIONE

Partecipazione, contrattazione e concertazione, sono i tre lati fondamentali di un campo riformista che oggi deve vedere uniti sindacati, imprese e Governo.

Uniti da posizione autonoma. Nessun corporativismo, nessun consociativismo: solo sano esercizio di responsabilità, autonomia e libera soggettività politica di ogni parte.

IMPRESA COME COMUNITÀ

In questo nuovo scambio politico l’evoluzione delle relazioni industriali nel solco dell’articolo 46 della Costituzione giova un ruolo fondamentale.

Partecipazione che non è solo una questione giuridica o economica, ma un principio fondamentale di democrazia economica e sociale.

L’impresa non può essere considerata solo un bene privato: è una comunità di persone, competenze e interessi, dove lavoratori e imprenditori condividono obiettivi e responsabilità.

IMPEGNO CISL PER DEMOCRATIZZARE ECONOMIA

Il lavoro, a sua volta, non è solo uno scambio economico tra prestazione e salario, ma un mezzo di crescita, di cittadinanza e di realizzazione personale e collettiva.

Ecco perché, da anni, la CISL si batte per una vera democratizzazione dell’economia, attraverso forme di collaborazione che diano ai lavoratori un ruolo attivo nelle scelte strategiche delle imprese.

BENEFICI OLTRE IL CONFLITTO STERILE

Un modello partecipativo non solo migliora la qualità del lavoro, ma rafforza anche la competitività delle imprese, l’occupazione stabile e il benessere sociale.

Come ci insegnava Biagi, la competitività delle aziende e la sicurezza occupazionale dei lavoratori non sono alternative, ma devono procedere insieme.

Partecipazione non significa eliminare il conflitto, ma superare l’antagonismo sterile e costruire un modello di relazioni industriali più avanzato, che valorizzi il lavoro e garantisca equità sociale.

CONTRATTAZIONE PILASTRO ECONOMICO A MISURA D’UOMO

Un elemento chiave della partecipazione è la centralità della contrattazione collettiva, che deve essere sempre più vicina alla persona.

La contrattazione non è solo uno strumento per definire salari e tutele, ma un pilastro di un nuovo modello di economia sociale di mercato che dia allo sviluppo e al governo della tecnologia un volto umano.

NUOVI BISOGHNI DA SODDISFARE

In un’epoca di trasformazioni digitali e transizioni ecologiche, dobbiamo rispondere ai bisogni reali dei lavoratori, garantendo:

  • Incremento e redistribuzione della produttività.
  • Impulso della formazione e delle competenze di ogni livello.
  • Stabilità e sicurezza lavorativa.
  • Conciliazione tra vita e lavoro.
  • Radicamento degli investimenti privati.
  • Consolidamento del controllo su salute e sicurezza.

STATUTO DELLA PERSONA  

Un nuovo Statuto della Persona nel Mercato del Lavoro e delle Competenze, che riconosca:

  • il diritto all’apprendimento continuo, per garantire a tutti la possibilità di aggiornarsi e restare competitivi nel mercato del lavoro;
  • un sostegno al reddito universale legato alla formazione, per accompagnare i lavoratori nelle transizioni occupazionali;
  • una rete di orientamento e accompagnamento, che aiuti giovani, donne e lavoratori più fragili a trovare opportunità di crescita e stabilità.

NUOVO PATTO SOCIALE

Questa non è solo una questione sindacale, ma un punto chiave per un nuovo patto sociale tra imprese, lavoratori e istituzioni.

Marco Biagi ci ha lasciato una grande eredità: la convinzione che solo attraverso il dialogo tra soggetti riformisti si possa costruire un modello di sviluppo più equo e sostenibile.

Oggi più che mai, abbiamo bisogno di un nuovo Patto Sociale tra sindacato, imprese e istituzioni, che superi la logica dell’emergenza e si basi su una visione di lungo periodo per il lavoro, la crescita e la coesione sociale.

Dobbiamo superare le contrapposizioni ideologiche e costruire un modello di relazioni industriali fondato sulla partecipazione, sulla contrattazione e su un’equa redistribuzione della produttività.

La democratizzazione dell’economia non è un’utopia: è una necessità per garantire competitività alle imprese, dignità ai lavoratori e stabilità alla nostra società.

LEZIONE DI BIAGI: MEDIAZIONE E SOLUZIONI CONCRETE

Biagi credeva nella forza del confronto nella contrattazione, nella capacità di mediazione e di progresso della rappresentanza sociale, nella concretezza delle soluzioni libere e autonome dei corpi intermedi contro ogni dirigismo o conservatorismo.

Noi, seguendo il suo esempio, non ci fermiamo.

APPROVARE LA LEGGE SULLA PARTECIPAZIONE

Chiediamo alle forze politiche riformatrici di convergere sulla nostra proposta di legge in Sentato dando rapida approvazione definitiva ad una norma di civiltà.

UNA “VIA ITALIANA” ALLA PARTECIPAZIONE

Non vogliamo importare modelli esteri, ma costruire una “via italiana alla partecipazione”, promozionale, fondata sulla contrattazione e sulle migliori pratiche già esistenti tra più avanzate esperienze aziendali.

Esperienze che vogliamo moltiplicare, diffondere, incentivare concretamente.

Coinvolgendo anche le realtà più piccole. La bilateralità. La pariteticità.

Tenendo conto delle specificità di ogni realtà produttiva, di ogni comunità lavorativa, di ogni territorio.

LA SFIDA DELL’ATTUAZIONE

Sappiamo che questo percorso non sarà semplice, anche dopo l’approvazione.

Richiederà il coraggio e l’impegno organizzativo di tante migliaia di delegati che dovranno materialmente mettere “a terra” quello che oggi vogliamo scrivere in Gazzetta ufficiale.

Lì si giocherà la partita decisiva. E sarà lì che sapremo davvero di che pasta siamo fatti, come parti sociali.

Noi, si può star certi, siamo pronti.

Anche ad affrontare le resistenze culturali e politiche di chi proprio non ce la fa a lasciarsi dietro il vecchio secolo della lotta di classe.

Lo facciamo e lo faremo con tutto l’entusiasmo di cui siamo capaci.

Convinti che il futuro del lavoro passi attraverso una maggiore integrazione tra impresa e lavoratori.

PEDALARE AVANTI SULLA VIA DI BIAGI

Perché come diceva Biagi stesso, il progresso delle relazioni industriali dipende dalla nostra capacità di costruire un nuovo equilibrio tra interessi diversi, attraverso il confronto, il dialogo e la partecipazione.

Come Biagi, anche noi “pedaliamo avanti”, pronti a indicare la strada e ad affrontare le sfide con coraggio e visione.


[1] Intervento all’iniziativa organizzata dalla Fondazione Tarantelli e dall’Associazione Amici di Marco Biagi, il 13 marzo 2025 all’Auditorium Donat Cattin a Roma.