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Nel corso degli ultimi anni, ed in particolare a cominciare dal 2022, anno che l’UE ha deciso di dedicare ai giovani1, uno dei temi al centro del dibattito e del confronto politico, specie a livello europeo, è stato quello dei tirocini. 

In particolare, alla luce del fatto che dopo quasi dieci anni dall’entrata in vigore della Raccomandazione su un quadro di qualità per i tirocini (Quality Framework for Traineeships – QFT)2, la metà degli Stati Membri non avesse adottato alcun provvedimento per allinearsi agli standard qualitativi indicati, con il conseguente verificarsi di utilizzi anche distorti o impropri dello strumento, si è discusso molto di come riuscire a garantire l’applicazione di requisiti di qualità che consentano un utilizzo efficace e corretto del tirocinio e che ne impediscano gli abusi. 

Tutto questo ha spinto la Commissione europea, il 20 marzo 2024, a presentare un pacchetto di misure in materia di tirocini, che comprende una proposta di direttiva3, volta a garantire condizioni di lavoro di qualità per i tirocinanti e a contrastare i rapporti di lavoro regolari camuffati da tirocini (cd. “direttiva sui tirocini”), e una proposta di raccomandazione del Consiglio4, che rivede la già menzionata raccomandazione del Consiglio del 2014 su un quadro di qualità per i tirocini.

Prima di entrare nello specifico di queste due proposte e condividere la posizione espressa a riguardo in particolare dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), data anche la complessità del tema, è necessario fare alcune considerazioni generali e di contesto.

Osservazioni generali

Innanzitutto, occorre precisare come l’istituto del tirocinio nei vari Stati membri presenti caratteristiche e declinazioni differenti e, conseguentemente, come i relativi sistemi legislativi risultino, sotto molti aspetti, difformi e disomogenei tra di loro. 

Genericamente è possibile suddividere il tirocinio in quattro tipologie sulla base delle finalità dello strumento, dell’ambito in cui si svolge e delle caratteristiche dei beneficiari:

  • Tirocini nel libero mercato (open-market traineeships – OMT), sganciati da ogni tipo di percorso formativo formale e regolati da accordi individuali tra un tirocinante e un soggetto ospitante, senza il coinvolgimento di un ente terzo che verifichi la regolarità e la correttezza del tirocinio.
  • Tirocini ricompresi nell’ambito delle politiche attive del lavoro (Active Labour Market Policies traineeships – ALMT), che prevedono, oltre al tirocinante e al soggetto ospitante, il coinvolgimento dei servizi pubblici per l’impiego in qualità di soggetto promotore, con la funzione di garantire la regolarità e la qualità del percorso formativi.
  • Tirocini professionali obbligatori (Mandatory Professional traineeships – MPT), necessari per ottenere l’abilitazione a svolgere una determinata professione al termine del periodo di praticantato (ad es. sanitaria, legale, commerciale ecc.); 
  • Tirocini curriculari (Education Curricula traineeships – ECT), svolti nell’ambito di un percorso formale di istruzione e formazione. 

Una definizione giuridica (soft law) di tirocinio a livello europeo è contenuta nella “Raccomandazione su un quadro di qualità per i tirocini” adottata dal Consiglio dell’Unione Europea nel 2014 secondo la quale “per tirocinio si intende un periodo di pratica lavorativa limitata, retribuita o no, con una componente di apprendimento e formazione, il cui obiettivo è l’acquisizione di un’esperienza pratica e professionale”. 

Con l’obiettivo di definire un sistema di criteri finalizzati a incrementare il livello qualitativo dei tirocini, stimolare una “omogeneizzazione” delle normative nazionali sulla base di principi comuni e condivisi e favorire altresì la mobilità transfrontaliera dei tirocinanti, la Raccomandazione ha inoltre stabilito 21 principi affinché gli Stati membri possano garantire tirocini di qualità elevata attraverso la previsione di: 

  • contratto di tirocinio scritto (il rapporto di tirocinio deve basarsi su un contratto scritto che definisca gli obiettivi formativi, stabilisca i diritti e gli obblighi delle parti coinvolte, preveda una durata ragionevole e adeguate condizioni di lavoro);
  • chiari obiettivi di apprendimento e formazione (l’esperienza di tirocinio deve promuovere la crescita formativa e professionale del tirocinante e non può quindi tradursi nello svolgimento di mansioni puramente esecutive e di basso profilo; i soggetti ospitanti dovrebbero designare un supervisore che guidi il tirocinante nel corso della sua esperienza e ne monitori e valuti i progressi);
  • condizioni di lavoro applicabili ai tirocinanti (deve essere assicurato il rispetto dei diritti e delle condizioni previste dal diritto nazionale e dell’Unione europea, incoraggiando i soggetti ospitanti a chiarire se ai tirocinanti venga corrisposta un’indennità ‐ indicandone eventualmente l’ammontare ‐ e se siano previste le coperture assicurative per infortuni e malattie);
  • diritti e obblighi (devono essere stabiliti i diritti e gli obblighi del tirocinante e del soggetto ospitante)
  • durata ragionevole (Il tirocinio, in linea di principio, non dovrebbe superare i 6 mesi; eventuali proroghe o rinnovi devono essere adeguatamente motivati. Deve essere inoltre prevista la possibilità di risoluzione del contratto che potrà essere effettuata mediante comunicazione scritta, con un termine di preavviso appropriato); 
  • adeguato riconoscimento dell’esperienza (convalida e la certificazione delle conoscenze, abilità e competenze maturate durante il percorso formativo); 
  • obblighi di trasparenza (negli annunci e negli avvisi di posti vacanti per tirocinanti dovrebbero essere riportate tutte le informazioni utili sulle condizioni del tirocinio, in particolare sull’applicabilità o meno di un’indennità e sulla copertura assicurativa per gli infortuni e la malattia. Inoltre, i soggetti ospitanti dovrebbero fornire informazioni sulle politiche di assunzione, ivi compresa la quota di tirocinanti assunti negli ultimi anni). 

Oltre ad individuare questi criteri di qualità, la Raccomandazione ha sottolineato la necessità di agevolare la mobilità transfrontaliera dei tirocinanti nell’Unione europea attraverso quadri giuridici nazionali più chiari e formalità amministrative ridotte e facilitate e di incrementare il numero di tirocini e contestualmente il livello qualitativo degli stessi mediante l’utilizzo dei fondi strutturali e d’investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (Youth Employment Initiative). Il Consiglio ha invitato infine gli Stati membri ad “adottare le misure appropriate per attuare il Quadro di qualità per i tirocini in tempi brevi”, “promuovere il coinvolgimento attivo delle parti sociali nell’attuazione del quadro di qualità per i tirocini” e “promuovere il coinvolgimento attivo dei servizi per l’impiego, degli istituti di istruzione e dei soggetti erogatori di formazione nell’attuazione del quadro”. 

Va precisato che il campo di applicazione di questa Raccomandazione è stato delimitato ai soli tirocini nel libero marcato e a quelli ricompresi nelle politiche attive del lavoro, lasciando quindi incerto il quadro normativo di riferimento per i tirocini curriculari e professionali. 

L’iniziativa della Commissione UE 

Contesto della proposta

La presentazione delle proposte in esame fa seguito ad una valutazione5 della raccomandazione del 2014 presentata dalla Commissione nel gennaio 2023 nella quale, pur evidenziando l’impatto positivo dell’iniziativa, in particolare nei paesi che dispongono di sistemi di tirocinio meno sviluppati, è stato rilevato come vi siano margini di miglioramento in relazione all’applicazione, al monitoraggio e al rispetto dei principi di qualità del quadro.  In particolare, la Commissione ha riscontrato in tutte le tipologie di tirocinio due situazioni problematiche: quando i tirocini vengono utilizzati per le finalità formative previste ma non risultano conformi alla legislazione nazionale o dell’UE applicabile e quindi sono di scarsa qualità, non retribuiti o con remunerazioni ingiustificatamente basse; quando il tirocinio viene utilizzato come strumento sostitutivo di rapporti di lavoro regolari, con la conseguenza che i lavoratori risultano privati dei diritti sanciti dal diritto UE, dal diritto nazionale o dai contratti collettivi. 

Inoltre, le proposte si inseriscono nell’ambito dell’Anno europeo delle competenze6 tra le iniziative volte a promuovere l’occupazione giovanile, in linea con il primo e il quarto principio del Pilastro europeo dei diritti sociali7, che sanciscono, rispettivamente, il diritto a “un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi” e “al proseguimento dell’istruzione, al tirocinio o all’apprendistato oppure ad un’offerta di lavoro qualitativamente valida entro quattro mesi dalla perdita del lavoro o dall’uscita dal sistema di istruzione”. 

L’iniziativa della Commissione intende anche dare seguito ad una risoluzione del Parlamento europeo8 del 14 giugno 2023 che ha sollecitato un aggiornamento della raccomandazione del Consiglio del 2014 su un quadro di qualità per i tirocini, in particolare allo scopo di trasformarla in uno strumento legislativo più forte, che “aggiunga nuovi principi al quadro di qualità per i tirocini” tra cui l’accesso ad un’”adeguata compensazione” da parte dei tirocinanti in linea con il costo della vita”, l’accesso alla “protezione sociale” e la “segnalazione delle irregolarità e di condizioni inadeguate nel corso del tirocinio tramite canali di comunicazione definiti” ed ha inoltre invitato la Commissione a “proporre una direttiva relativa ai tirocini nel libero mercato, ai tirocini associati alle politiche attive del lavoro e ai tirocini che costituiscono parte obbligatoria della formazione professionale, al fine di garantire norme minime di qualità, comprese norme sulla durata dei tirocini, l’accesso alla protezione sociale conformemente al diritto e alle prassi nazionali, nonché una retribuzione che garantisca un tenore di vita dignitoso al fine di evitare pratiche di sfruttamento”. 

Infine, la proposta tenta anche di dare risposta ad una petizione9 lanciata nel giugno 2022 dal Forum Europeo della Gioventù – la più grande piattaforma europea di organizzazioni giovanili e Consigli giovanili nazionali che conta oltre 100 membri – che ha raccolto 8400 firme, con l’obiettivo di chiedere all’Unione Europea di introdurre una legislazione vincolante (quindi una Direttiva UE) per garantire che “tutti i tirocinanti siano valutati alla pari di qualsiasi altro dipendente, percepiscano un salario di sussistenza e abbiano accesso alla protezione sociale”.

Obiettivi e struttura

L’obiettivo generale del pacchetto di misure proposto dalla Commissione è quello di migliorare l’utilizzo, la qualità e l’accesso ai tirocini in tutta l’UE, in modo che essi possano fornire un’autentica esperienza di apprendimento e di lavoro in grado di garantire transizioni di successo dall’istruzione al lavoro o da un lavoro all’altro. 

Nello specifico, la finalità della proposta di direttiva10 è quella di migliorare e far rispettare le condizioni di lavoro dei tirocinanti e di definire criteri e strumenti per la lotta ai rapporti di lavoro regolari camuffati da tirocini. Questa dovrebbe applicarsi, come precisato nel considerando 16 e nell’art. 2 della proposta, a “qualsiasi persona che intraprende un tirocinio e ha un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia11” e, come specificato dal considerando 17, per gli apprendistati ogni qualvolta “gli apprendisti rientrino nella nozione di “lavoratore” quale definita dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore negli Stati membri, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE”. 

Questa scelta della Commissione è stata dettata non solo dall’intenzione politica di estendere ai tirocinanti tutele simili a quelle dei lavoratori ordinari, ma anche dalla volontà di prevedere uno strumento più vincolante rispetto ad una semplice raccomandazione che però comporta necessariamente, in base all’art. 153, par. 2, lett. b), TFUE (che prevede l’adozione di direttive che fissano le prescrizioni minime applicabili, tra le altre cose, alle «condizioni di lavoro» di cui all’art. 153, par. 1, lett. b),  TFUE), di dover restringere il campo di applicazione ai tirocinanti lavoratori poiché il tirocinio in tutti gli altri casi rientra nell’ambito delle politiche relative all’istruzione e alla formazione professionale (art. 166 par.2 TFUE), per le quali però l’intervento europeo deve limitarsi all’adozione di raccomandazioni non vincolanti, ossia che non prevedano alcun obbligo per gli Stati membri (art. 166 par. 4).12

La proposta di direttiva mira in particolare a: 

a) introdurre il principio di non discriminazione per i tirocinanti (Capo II), al fine di garantire che, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione, essi non ricevano di norma un trattamento meno favorevole di quello dei lavoratori stabilmente alle dipendenze dello stesso datore di lavoro, a meno che non sussistano motivi oggettivi di trattamento differenziato; 

b) garantire che i tirocini non servano per nascondere posti di lavoro stabili (Capo III): le autorità competenti potranno effettuare controlli e ispezioni e chiedere alle imprese di comunicare il numero, la durata e le condizioni di lavoro dei tirocini. Gli Stati membri dovranno fissare un limite che indichi la durata eccessiva dei tirocini e che servirà come possibile parametro di valutazione per le autorità competenti; 

c) prevedere la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di impegnarsi per conto dei tirocinanti a tutela dei loro diritti ed obbligare gli Stati membri a garantire la presenza di canali attraverso i quali i tirocinanti possano denunciare pratiche scorrette e cattive condizioni di lavoro (Capo IV).

Sulla delicata questione della retribuzione, a seguito di critiche mosse alla Commissione per la mancata imposizione di vietare i tirocini non retribuiti, questa ha specificato che l’art. 153, par. 5, TFUE non consente all’UE di imporre agli Stati membri che un’attività come un tirocinio debba essere svolta dietro retribuzione. Quindi, di fatto, la Commissione non ha agito in questo senso perché non può legalmente farlo. Tuttavia, durante la presentazione delle proposte, gli Stati membri sono stati esortati a vietare i tirocini non retribuiti nella loro legislazione interna in fase di recepimento della direttiva.

La proposta di raccomandazione, che si applicherebbe a tutte le tipologie di tirocinio e a tutti i tirocinanti ai quali non è applicabile la proposta di direttiva, a differenza della Raccomandazione del 2014 che – come già ricordato – non riguardava i tirocini curriculari e quelli professionalizzanti, mira ad aggiornare la Raccomandazione precedente ed invita gli Stati membri, tra l’altro, a: 

a) garantire una retribuzione equa per i tirocinanti (art. 6); 

b) garantire l’accesso a una protezione sociale adeguata per i tirocinanti, compresa una copertura adeguata in linea con la legislazione nazionale (art. 16); 

c) assicurare la nomina di un tutor per fornire ai tirocinanti un sostegno e consigli mirati (art. 9); 

d) promuovere la parità di accesso alle opportunità di tirocinio per le persone in situazioni di vulnerabilità e fare in modo che i luoghi di lavoro siano accessibili ai tirocinanti con disabilità (art. 21-24); 

e) favorire l’aumento dell’occupabilità mediante un ulteriore orientamento professionale e incentivi ai soggetti promotori di tirocini affinché offrano ai tirocinanti un impiego stabile dopo il tirocinio (art. 36)

Dalla lettura combinata delle due proposte emerge chiaramente la volontà della Commissione di rivolgersi a tutte le tipologie di tirocinio, distinguendo tra la proposta di direttiva che si rivolge, per una parte (quella relativa al principio di non discriminazione) ai rapporti di lavoro di tirocinio e per l’altra parte (quella relativa ai rapporti di lavoro regolari camuffati da tirocinio) a tutti i rapporti di tirocinio a prescindere dallo status occupazionale (al fine di rilevare gli abusi e conseguentemente di ricondurli in un rapporto di lavoro regolare), e la proposta di raccomandazione applicabile a tutte le tipologie di tirocinio e di tirocinante (eccetto i tirocinanti-lavoratori, coperti dalla proposta di direttiva).

Il parere del Comitato Economico e Sociale (CESE)

Nel luglio 2024, il CESE ha approvato un Parere13 relativo alle due proposte presentate dalla Commissione nel quale viene condiviso l’obiettivo della Commissione UE di migliorare il quadro di qualità dei tirocini, specie per quanto riguarda il rafforzamento dei contenuti di apprendimento e formazione, e di combattere l’abuso e l’uso distorto dei tirocini che purtroppo sono, in alcuni casi, svolti alla stregua di veri e propri rapporti di lavoro subordinato e rappresentano quindi una forma di sfruttamento dei giovani.

Tuttavia, si sottolinea come le due proposte affrontino solo una parte delle questioni e presentino alcune criticità, a cominciare dal fatto che il pacchetto di proposte presentato non abbia tenuto in adeguata considerazione le differenze esistenti tra le diverse tipologie di tirocinio e la loro diversa applicazione negli Stati Membri, mentre il CESE avrebbe ritenuto essenziale approfittare di questa opportunità per procedere ad una definizione di criteri minimi di qualità per ciascuna tipologia di tirocinio, al fine di garantire elevati standard di qualità nei vari Paesi e limitare a monte le possibilità di utilizzo dello strumento, andando così anche a prevenire gli eventuali utilizzi impropri e gli abusi. Proprio questa è una seconda carenza che il Comitato vede nelle proposte della Commissione, in modo particolare nella Direttiva, ossia il fatto che questa affronti il problema dell’abuso e l’uso distorto del tirocinio senza prevedere regole che prevengano a monte l’utilizzo improprio, che invece sarebbero state essenziali.

Nella direttiva un altro problema rilevato deriva dalle definizioni che vengono proposte nell’art. 2 che vengono ritenute contradditorie e che possono creare degli evidenti problemi di interpretazione di tutta la proposta normativa: come già abbiamo avuto modo di precisare, se infatti la definizione di tirocinio è ampia e ricomprende tutte le tipologie, la definizione di tirocinante invece considera solo i tirocinanti riconosciuti come lavoratori o che hanno un contratto di lavoro ma questa è una condizione che si riscontra in meno della metà degli Stati membri e non tiene conto del fatto che molto spesso il tirocinio rappresenta un percorso di avvicinamento al lavoro, con finalità di orientamento e formazione, e non un contratto di lavoro. A tal proposito, il CESE raccomanda che le definizioni di cui all’articolo 2 non implichino alcun obbligo per gli Stati membri di classificare i tirocini come rapporto di lavoro qualora, in base alla normativa vigente negli Stati membri, tale pratica lavorativa non rientri nella definizione di “tirocinante” stabilita dalla direttiva. Posto che la direttiva mira principalmente a porre fine al ricorso ai tirocini per camuffare rapporti di lavoro, gli Stati membri che adottano tali modelli dovrebbero essere invitati a rispettare la raccomandazione, ad adeguare la propria regolamentazione per valutare meglio l’eventuale sussistenza di un rapporto di lavoro camuffato e ad attivarsi per far rispettare i diritti del “tirocinante mascherato”.

L’art. 3, riferito al principio di non discriminazione, secondo il CESE dovrebbe consentire alle parti sociali di determinare congiuntamente le condizioni di lavoro dei tirocinanti, compresa la possibilità di derogare al principio della parità di trattamento per ragioni oggettive legate alla natura distinta dei tirocini rispetto ai rapporti di lavoro regolari. Inoltre, in alcuni passaggi della proposta di direttiva si fa riferimento ad una possibile sovrapposizione tra tirocinio e apprendistato, mentre secondo il Comitato si tratta di strumenti diversi che hanno finalità differenti e che non andrebbero confusi.

Quanto alla proposta di Raccomandazione, il CESE ritiene che sarebbe più opportuno parlare di indennità e non di retribuzione, e che questa dovrebbe considerare anche gli eventuali costi derivanti dalla partecipazione all’attività di formazione e le corrispondenti esigenze di base, tenendo conto al contempo delle differenziazioni che potrebbero esserci in relazione alle varie tipologie di tirocinio, al fine di rendere questa esperienza davvero fruibile a tutte e tutti indipendentemente dalle condizioni economiche e sociali di partenza.

Infine, in entrambe le proposte il ruolo riconosciuto alle parti sociali sembra essere davvero marginale, e la Commissione non ha quindi tenuto in adeguata considerazione l’apporto che queste potrebbero dare, ad esempio nel controllo, monitoraggio e applicazione delle norme, così come nella definizione delle condizioni di lavoro dei tirocinanti e delle possibilità di derogare al principio di parità di trattamento per ragioni oggettive. 

In conclusione, pur condividendo le motivazioni che stanno alla base delle proposte presentate dalla Commissione UE, il CESE riterrebbe necessario intervenire con alcuni correttivi al fine di fornire risposte adeguate alle maggiori criticità riscontrate negli Stati Membri.

Lavorare a questo parere, di cui sono stata relatrice, è stata una bella sfida: come evidenziato in questo mio contributo, quando si affronta il tema dei tirocini entrano in gioco interessi e sensibilità diverse, che talvolta sembrano inconciliabili e che, anche alla luce delle diverse applicazioni dello strumento nei vari Stati Membri, rendono la discussione ancora più complicata e difficile. Considerando che i membri del CESE rappresentano i datori di lavoro, i sindacati e altre organizzazioni della società civile (tra cui le organizzazioni giovanili), e anche alla luce del fallimento dei negoziati che la Commissione ha svolto su questo tema in fase di consultazione con le parti sociali, l’approvazione a larga maggioranza di questo Parere penso sia la dimostrazione della grande capacità di mediazione e di sintesi del Comitato che, anche su un tema complesso come questo, è riuscito a presentare una posizione comune a tutela dei tirocinanti e di tutte le parti coinvolte. 

Attualmente la proposta della Commissione e in discussione presso il Consiglio dell’UE e presso il Parlamento Europeo che, alla luce del principio di codecisione, dovranno concorrere alla stesura della versione definitiva del provvedimento normativo.

  1. https://youth.europa.eu/year-of-youth_it ↩︎
  2. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32014H0327(01) ↩︎
  3. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A52024PC0132 ↩︎
  4. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=comnat:COM_2024_0133_FIN ↩︎
  5. https://employment-social-affairs.ec.europa.eu/news/traineeships-commission-evaluation-analyses-impact-european-
    quality-framework-2023-01-10_en
    ↩︎
  6. https://year-of-skills.europa.eu/index_en?prefLang=it ↩︎
  7. https://commission.europa.eu/system/files/2017-12/social-summit-european-pillar-social-rights-booklet_it.pdf ↩︎
  8. https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-0239_IT.pdf ↩︎
  9. https://www.youthforum.org/topics/no-more-unpaid-internships ↩︎
  10. Art. 1 della proposta di direttiva ↩︎
  11. Art. 2 della proposta di direttiva, definizione di “tirocinante” ↩︎
  12. Per approfondimenti: “La proposta di direttiva UE sui tirocini: problemi definitori e principio di non discriminazione”
    a cura di G. Impellizzieri
    https://www.bollettinoadapt.it/la-proposta-di-direttiva-ue-sui-tirocini-problemi-definitori-e-principio-di-non-discrimin
    azione/ ↩︎
  13. https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/traineeship-directive-and-reinforce
    d-quality-framework-traineeships
    ↩︎