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Contesto di riferimento 

In un panorama internazionale geo-politicamente frammentato e incerto sotto il profilo economico e sociale, il continente europeo si trova in una fase inedita e cruciale della propria esistenza. 

Molti dei fattori di incertezza, dall’esito della guerra in Ucraina, alla situazione di instabilità mediorientale, alla competizione strategica tra Usa e Cina, all’incognita del nuovo Presidente Americano, gravano e producono impatti diretti sul sistema europeo.

A questi fattori se ne associano altri di carattere trasversale, dovuti alla ridefinizione dei processi di globalizzazione, al rallentamento del commercio globale, ai flussi migratori, alla pervasività tecnologica e digitale nelle dinamiche democratiche e statali, all’accresciuto multipolarismo, che sembrano profilare una nuova e più acuta “età dell’incertezza”.

 L’Europa affronta questo nuovo corso in una situazione interna complessa, attraversata da instabilità politiche di varia natura, debolezze del proprio modello di sviluppo e tecnologico nonché squilibri territoriali e sociali.  

Tuttavia, per affrontare e gestire in maniera efficace questa situazione, l’Unione dispone oggi di importanti strumenti rappresentati dai Rapporti di Draghi e Letta, nonché della Niinisto sulla difesa europea, da un consolidato metodo di analisi strategica, da un elevato potenziale costituito dal mercato interno e dall’ancoraggio ai valori fondanti l’Europa, tra i quali il proprio modello sociale ed una economia sociale di mercato. 

Alcuni fattori di incertezza potrebbero paradossalmente costituire stimoli per un rafforzamento interno. L’esito delle elezioni americane potrebbe infatti aumentare la consapevolezza generale della necessità di una maggiore integrazione e autorevolezza europea, cosi come le instabilità politiche di alcuni stati membri potrebbero offrire nuovi margini di manovra alla Commissione europea per perseguire interessi spiccatamente europei di cui è portatrice. Come avvenuto durante la pandemia, ed in linea con il pensiero di Monnet, anche da questa crisi, o “policrisi”, l’Europa potrebbe crescere e compiere un ulteriore e auspicato passo verso la costruzione di un proprio spazio di autonomia strategica.  

Le sfide e l’azione del Sindacato a livello europeo 

In questa delicata e complessa situazione il sindacato è chiamato a fornire il suo contributo per la promozione del progetto europeo e dei suoi valori. Ciò vale per il completamento del mercato interno, compresa la componente dei capitali, e l’attuazione di politiche realmente europee nel campo delle politiche industriali e ricerca, estera e di difesa, del commercio e della concorrenza, in una prospettiva di generale miglioramento della dimensione sociale comunitaria.

Assicurare una maggiore integrazione del mercato europeo sarà infatti cruciale per evitare dumping di ogni genere, anche a fronte di una frammentazione interna europea, che secondo le stime del FMI, equivale oggi a subire dazi del 44% sui beni e 110% sui servizi (European Economic Outlook October 2024). Analogamente, il necessario rafforzamento della competitività europea dovrà essere affrontato ponendo particolare attenzione alla sua declinazionale sostenibile, volta ad una gestione di tutte le transazioni nel solco della sostenibilità sociale e ricalibrando la relazione tra capitale e lavoro con una rafforzata democrazia economica. 

Un primo banco di prova saranno le iniziative annunciate dalla Commissione Europea, in linea con l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, in materia di “piano industriale pulito”, di “roadmap per il lavoro di qualità”, di un “nuovo patto sociale europeo”, per le quali la Commissione ha preannunciato un coinvolgimento delle parti sociali e lanciato alcuni gruppi di progetto. 

Alla stessa stregua una corretta attuazione dei risultati ottenuti nella scorsa legislatura sulla due diligence, sul rapporto tra IA e piattaforme, sulla valorizzazione della contrattazione nell’aumento dei salari minimi e mediani, sino agli attuali negoziati sulle revisioni della direttiva CAE e delle regole sul coordinamento della sicurezza sociale, saranno cruciali per imprimere quella svolta sostenibile al modello di sviluppo europeo. 

Parallelamente, il sindacato sarà impegnato sui punti della propria agenda congressuale tra i quali la promozione di una direttiva sulla giusta transizione in cui trovino piena applicazione la contrattazione, partecipazione e formazione, una maggiore regolazione degli intermediari con limitazione dei subcontratti e responsabilità solidali nelle catene di fornitura, una direttiva della AI nei luoghi di lavoro per incorporare il principio del controllo umano, un quadro europeo per l’informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori, sino ad una revisione della direttiva sugli appalti pubblici che incorpori chiare condizionalità sociali. 

L’azione sindacale sarà influenzata ovviamente da alcune cornici di riferimento, in primis relative al nuovo assetto di governance economica derivante dal revisionato patto di stabilità. In questo senso, nel più generale obiettivo di evitare la compressione della spesa sociale e di sviluppo rispetto alle esigenze di contenimento di spesa, si dovrà puntare ad una revisione del piano pluriennale finanziario volto ad un miglior perseguimento di beni pubblici europei, anche attraverso nuove risorse proprie, e ad una promozione di forme di prolungamento del RRF, in scadenza il prossimo anno, perseguendo contestualmente l’obiettivo di consentire una capacità fiscale europea permanente. 

Una seconda cornice scaturisce dalla dimensione esterna europea, sia relativamente al commercio internazionale, vista l’ingente componente europea sull’export, in un contesto di rallentamenti e protezionismi statali, sia all’esigenza di accordi commerciali e partnership internazionali per le varie necessità, la quale dovrebbe essere orientata alla promozione internazionale dei valori europei oltre che alla creazione di uno spazio di autonomia strategica e di una vera politica estera europea.

Per affrontare in maniera coesa tutte le dimensioni menzionate, la declinazione del concetto di giusta transizione, indicato prima dall’ILO e fatto proprio dal sindacato europeo ed internazionale, sarà cruciale: sarà infatti questo l’obiettivo generale e centrale dell’azione sindacale in un contesto di complessiva ridefinizione internazionale. Assicurare una transizione, in particolare ecologica e digitale, sostenibile e pragmatica, scevra da ideologie e attenta a tutte le componenti tecnologiche quanto agli impatti territoriali e sociali sarà fondamentale.  In tal senso, nell’obiettivo di assicurare dei corretti processi di decarbonizzazione ed attenzione alla sostenibilità delle filiere, sarà importante evitare che le legittime richieste di snellimento della regolamentazione e riduzione degli obblighi burocratici si traducano in retrocessioni negli standard sociali o affievolimenti delle procedure di rendicontazione. Parallelamente sarà necessario evitare il manifestarsi di comportamenti di impresa finalizzati alla esclusiva massimizzazione dei profitti di breve termine rispetto ad obiettivi di lungo termine. Di qui la necessaria difesa delle recenti direttive sul dovere di diligenza, sulla rendicontazione societaria di sostenibilità e sul divieto dei prodotti ottenuti con il lavoro forzato ma anche di promozione di governance d’impresa sostenibile, attraverso un miglioramento delle valutazioni “esg”, più misurabili e meno soggette a meccanismi di borsa, unitamente ad un contrasto a fattispecie di eccessiva finanziarizzazione d’impresa anche attraverso un rafforzamento della democrazia economica. 

A supporto delle proprie strategie, il movimento sindacale, dovrà valorizzare gli importanti messaggi dei rapporti Draghi e Letta volti a completare il mercato interno e aumentare la competitività ponendo al centro la dimensione sociale. A questo riguardo, sottolineare il legame tra l’enorme bisogno di investimenti, la necessità di strumenti di investimento comuni per progetti transnazionali e le condizioni istituzionali di riferimento sarà fondamentale per evidenziare la necessità di capacità fiscale, di debito europeo e di risorse proprie e più in generale di una spinta verso la costruzione degli Stati uniti d’Europa. Evidenziare l’esigenza di mantenere una forte base industriale attenta alle industrie innovative quanto a quelle tradizionali è strettamente connessa alla necessità di una coerenza tra politiche industriali, commerciali e di concorrenza verso obiettivi di de carbonizzazione e di una politica industriale europea che vada oltre le frammentazioni nazionali. Correlare l’aumento di produttività con l’inclusione sociale implica una strategia di crescita che riconosca la dimensione sociale quale driver di sviluppo economico, strettamente collegato alla necessità di un patto sociale e un modello partecipativo quale unica e possibile condizione efficace per affrontare la complessità del momento, in contrasto alle semplificazioni o mistificazioni incalzanti anche attraverso l’utilizzo della tecnologia.  

Occorrerà chiaramente accompagnare queste indicazioni con ulteriori sostegni dati da condizionalità sociali negli investimenti e aiuti di stato, dalla protezione dei diritti nelle catene di fornitura e attenzione alla dimensione sociale nella definizione  della nuova politica di concorrenza, valutando ad esempio gli impatti territoriali e sociali, e non solo di innovazione, delle concentrazioni tra imprese nell’ottica di promuovere campioni industriali europei in grado di sostenere la competizione internazionale.

La strategia sindacale 

La strategia negoziale con cui il sindacato si approccerà a questi appuntamenti sarà dirimente per raggiungere gli obiettivi. L’approccio con cui il sindacato si porrà per contribuire in maniera responsabile al rinnovamento di quel “contratto sociale”, chiesto anche dall’ILO, e costituito dall’insieme di norme, istituzioni comuni e politiche volte a declinare nella società gli obiettivi di uno sviluppo materiale e spirituale di ognuno (secondo la Dichiarazione di Filadelfia) sarà fondamentale.  Nello specifico, l’efficacia del movimento sindacale europeo sarà direttamente proporzionale alla sua capacità di “mobilitarsi” per sviluppare meccanismi di azione collettiva transnazionale, nella contrattazione e partecipazione, e strumenti istituzionali dal carattere marcatamente europeo, in luogo di mobilitazioni tese meramente a supportare azioni nazionali. Alla stessa stregua, un’efficace azione dipenderà da quanto il sindacato europeo saprà affrontare responsabilmente questioni divisive e raggiungere risultati tangibili in un contesto estremamente complesso, in luogo di atteggiamenti pregiudizialmente ideologici o di immobilismo causato dall’impossibilità di comporre l’eterogeneità di interessi in campo.   

La prossima conferenza organizzativa della CES di maggio costituirà un banco di prova importante ed una bussola strategica per l’azione futura rispetto all’azione ed al ruolo del sindacato. In quest’ottica, alle valutazioni politiche dovrà necessariamente corrispondere una conseguente azione organizzativa che coinvolgerà la composizione e ruolo della segreteria, rapporti con le affiliate e le modalità di decisione, al fine di definirne un’ambizione ad essere un soggetto autonomo e autorevole nello scacchiere europeo o un mero soggetto di coordinamento.

In un panorama sindacale europeo non semplice e contrassegnato da vari approcci, la CISL ovviamente non farà mancare il proprio supporto e contributo verso una confederazione europea dei sindacati più autorevole e negoziale in grado di saper gestire con responsabilità e pragmatismo la complessità del momento, e indicare una prospettiva di piena integrazione politica all’unione quale condizione per una sua proiezione internazionale e capacità di gestire compiutamente i suoi squilibri interni.  

Conclusioni 

In questo contesto di estrema incertezza e difficoltà, l’Unione europea può certamente contare su potenzialità incontestabili ma necessita di un urgente rafforzamento per permetterne il mantenimento del proprio sviluppo e la protezione dei suoi valori. Solo un approccio partecipativo che valorizzi il coinvolgimento delle parti sociali a tutti i livelli ed in tutte le sue forme potrà garantire questo percorso ed una gestione delle transizioni nel solco della sostenibilità quale imprescindibile componente della competitività europea. Ad obiettivi e volontà politiche precise deve corrispondere un‘azione complessiva e riformista, che coinvolga strutturalmente il sindacato europeo ed internazionale, verso una differente politica economica per costruire e redistribuire ricchezza, riducendo le ineguaglianze, ed una giusta transizione che insista su tutte le componenti dello sviluppo. Il modello europeo dispone di tutte le potenzialità per coniugare sviluppo e coesione in un sistema complesso come quello attuale, e la sfida che il sindacato è chiamato a svolgere sarà quindi di promuoverne con responsabilità e pragmatismo le dinamiche partecipative in modo da consolidarne la capacità di agire offrendo al contempo un esempio di livello internazionale. Sarà sulla base di queste premesse che l’azione della CISL continuerà ad insistere all’interno di un contesto sindacale e istituzionale europeo di indubbia e inedita complessità.