Il Nobel 2024 per le Scienze Economiche è stato conferito a Daron Acemoglu, Simon Johnson e James Robinson “per gli studi su come le istituzioni si formano e influenzano la prosperità”, con il loro lavoro “hanno dimostrato l’importanza delle istituzioni sociali per la prosperità di un Paese” giungendo alla conclusione che una buona parte della differenza nella ricchezza e nello sviluppo degli Stati dipende da come funzionano le istituzioni; società con un carente stato di diritto e istituzioni fragili non riescono a generare crescita e cambiamento.
I tre studiosi hanno creato un modello teorico che oggi è un riferimento nelle analisi sociali ed economiche e che classifica le istituzioni in “inclusive” ed “estrattive”: quelle “inclusive” basano la loro esistenza sulla partecipazione degli abitanti, incentivano la libera iniziativa economica e proteggono lo stato di diritto; in quelle “estrattive” lo Stato ha diversi monopoli, è responsabile del funzionamento e delle decisioni di buona parte del sistema economico, che usa per mantenere un potere non inclusivo sugli abitanti che invece vengono sostanzialmente sfruttati.Alcuni Paesi restano intrappolati in una situazione di istituzioni estrattive e bassa crescita economica non compiendo un percorso evolutivo.
I premi Nobel hanno dimostrato il nesso di causalità del fenomeno: non solo le istituzioni sono più carenti nei paesi più poveri, ma i paesi sono più poveri proprio perché le istituzioni sono più carenti. Secondo il loro modello è molto difficile uscire da quella che hanno denominato “la trappola delle istituzioni estrattive”, perché queste riescono a stare in piedi grazie al fatto che la popolazione non ha fiducia nella sua classe politica e nelle sue promesse, e dunque non ha speranza che le cose possano mai cambiare.
Questa scoperta è molto utile per analizzare la situazione della Basilicata che si caratterizza per essere una regione povera infatti è – nella classificazione delle politiche della programmazione dei fondi europei – una regione obbiettivo 1 ossia in ritardo di sviluppo con un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75% della media UE, ha la retribuzione globale annua del settore privato più bassa d’ Italia, secondo il JP Geography Index 2024, è la regione d’ Italia che perde il maggior numero di abitanti secondo la rilevazione ISTAT sull’ anno 2023 con un meno 8,1 abitanti su mille, nel 2050 Istat prevede per la Basilicata meno 22,5% di abitanti.
Leggendo ed analizzando altri dati, si scopre che la Basilicata non è una regione povera, ma è in realtà una regione impoverita; questi dati si accompagnano infatti e purtroppo ad una vocazione estrattiva, la Basilicata è una regione ricca da cui si estraggono materia prime importanti, ma in cui poco resta in termini economici, sociali, ambientali di questa estrazione, al punto che l’ emigrazione soprattutto di giovani laureati, e soprattutto giovani diplomati che si iscrivono ad università fuori regione non ritornando più, non accenna minimamente ad arrestarsi contribuendo ad un ulteriore depauperamento umano e sociale della comunità.
Come un corpo affetto da una costante emorragia che diventa un corpo indebolito e gracile,.
La Basilicata ha una produzione di energia green, derivante prevalentemente dal fotovoltaico e dall’ eolico con una presenza pervasiva sul suo territorio di pannelli solari e pale eoliche, che ne ha minato la qualità del paesaggio, pari 4,1twh ma ha un fabbisogno pari al 3,1twh, nel 2023 in Basilicata sono stati estratti 3,5 milioni di tonnellate di greggio, oltre l’80 per cento della produzione nazionale, eppure il costo della benzina alla pompa è tra i più alti d’Italia.
È una regione ricca di bacini di acqua da cui attingono a piene mani anche regioni confinanti, ma ha vissuto per oltre 4 mesi una carenza di acqua in 29 comuni sui 131 che ha portato ad un uso razionato per circa 12 ore al giorno; carenza di acqua determinata, in piccola parte dalla scarsezza delle piogge nel 2024, ed in grande parte da una gestione disorganizzata della manutenzione e della risorsa idrica della quale a causa di condutture rotte ed inefficienti se ne perde circa il 70 % lungo il tragitto, inoltre la Basilicata con la costituzione della Società Acque del Sud, partecipata dal Ministero dell’ Economia, ha perduto la disponibilità delle sue dighe ed invasi e quindi dell’ accessibilità diretta alla sua acqua. Nei prossimi mesi inoltre è prevista un’asta del 30% delle quote di Acque del Sud che potrebbe aprire a società puramente private la gestione dell’acqua lucana. Sembra un paradosso, ma non lo è.
La Basilicata è vittima della estrazione delle risorse come l’Africa per cui è stata coniato il paradigma della “maledizione delle risorse” ossia una sindrome politico economica in cui in Paese che dispone di materie prime e ricchezze non riesce a strutturare un modello di sviluppo virtuoso ed inclusivo.
Secondo Gilles Carbonnier, specialista di economia dei conflitti, per maledizione delle risorse, o delle materie prime, si intendono tutte le ripercussioni negative, in termini di depauperamento umano ed ambientale associate al loro sfruttamento da parte di soggetti che non investono in uno sviluppo diversificato ed inclusivo su e per il territorio in cui si estrae, ma mirano sono ad estrarre e portare fuori, riconoscendo misere compensazioni che non vengono investite in ottica di futuro.
Diventando consapevoli del rischio che corriamo, perché ogni giorno ne vediamo i segni ed i segnali ed ispirandoci appunto alle scoperte del premio Nobel per l’economia 2024 dobbiamo tutti evitare che alla Basilicata si assegni il ruolo esclusivo di un serbatoio di materie prime che alimenta catene produttive e di valore aggiunto altrove, rassegnandoci ad una economia della predazione e della subalternità che non investe nel futuro della regione.
Un antidoto a questa minaccia è indicato appunto dagli economisti Daron Acemoglu, Simon Johnson e James Robinson, ossia investire in ottica inclusiva nelle istituzioni sociali e nella capacità amministrativa di coinvolgere cittadini, associazioni, università, terzo settore, settore privato, corpi intermedi attraverso attività partecipative che contribuiscano ad una governance condivisa dell’intero processo di sviluppo in proiezione di futuro, ossia dei prossimi 20 anni.
Attività partecipative, ma anche attività educative è infatti necessario preparare la popolazione lucana ai rischi che si intravedono per il futuro, e sono già chiari, per migliorarne i comportamenti in ottica preventiva e proattiva, educando ad una speranza agita e non solo anelata in maniera attendista. Nella consapevolezza che lo sviluppo economico va perseguito con adeguati e profondi interventi nel sociale e sollecitando la partecipazione e la presa di coscienza della popolazione.
La mancata partecipazione civica, il mancato coinvolgimento degli stakeholders in dinamiche di sviluppo del territorio, la carente trasparenza dei processi decisionali e soprattutto la scarsa accessibilità alle informazioni concorrono ad essere cause di inefficacia delle azioni adottate dalle istituzioni che, senza il sostegno ed il coinvolgimento dei corpi sociali faticano a divenire realtà oppure risultano inefficaci, perché frutto di un approccio appunto estrattivo, ossia dall’ alto verso il basso. E questo non alimenta sviluppo economico e buona occupazione. Per creare sviluppo economico non occorrono interventi dall’ alto o di certo non bastano, sono necessari processi di conoscenza ed autocoscienza soprattutto dei propri limiti e processi di autopropulsione collettiva.
Anche a questo serve il sindacato in un contesto come quello della Basilicata, serve ad alimentare una attivazione endogena allo sviluppo, serve a contribuire a creare un ecosistema per la fermentazione e la maturazione delle idee, di laboratori di conoscenza e di sperimentazione. Il sindacato deve accompagnare e sostenere le persone a non indulgere nel fatalismo, quella filosofia – di Demartiniana memoria- per cui il mondo è governato da una necessità e da una dinamica del tutto estranea alla volontà e all’impegno dell’uomo, ma ad essere resiliente, positivi, e animati da uno spirito partecipativo al proprio destino.
Un aiuto metodologico ci viene dato dal percorso di realizzazione dell’Agenda ONU 2030 che richiede la capacità dei sistemi locali di interpretare al meglio i processi di trasformazione economica e sociale in una prospettiva di sviluppo sostenibile, secondo un approccio place-based, che riconosce la centralità del territorio nell’attivare modelli di partecipazione, condivisione e sviluppo di politiche territoriali. L’implementazione degli SDGs «dovrebbe essere considerata in modo sistemico e fare affidamento su un approccio dell’intera società, affinché i cittadini possano essere coinvolti nei processi decisionali e trarre pienamente i benefici attesi» (United Nations, 2020)
Si legge nella relazione sui servizi pubblici del Cnel sulla base dell’andamento rilevato nel periodo 2010-2022 che tutte le regioni faticano a compiere passi significativi verso il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. In generale, sono in miglioramento salute (Goal3) ed economia circolare (Goal 12), per il resto dei Goal vi è una sostanziale stagnazione.
Ma? il Mezzogiorno, oltre a mostrare dati inferiori alla media nazionale per quasi tutti gli Obiettivi Onu, vive anche il fenomeno definito come “fattore Sud”, che si manifesta in due modi. In primo luogo, i costi dei servizi sono più elevati, ma la loro qualità è inferiore rispetto al Nord, come nel caso della gestione dei rifiuti, della viabilità e dell’offerta di servizi per l’infanzia, e questo determina una sostanziale inefficienza del servizio.
In secondo luogo, vi è una minore allocazione di risorse, che si traduce in un’offerta ridotta di servizi sia in termini qualitativi che in termini quantitativi e questo si rileva in particolar modo nell’ investimento procapite nei servizi di polizia locale, nel supporto all’istruzione e nei servizi sociali, nonostante il contesto di maggiore povertà che richiederebbe invece maggiore investimento in questi ambiti, determinando così una spirale che si autoalimenta.
I comuni di piccole dimensioni (0-3.000 abitanti) hanno una spesa (250 Euro) pari all’80% in più rispetto ai comuni di dimensioni intermedie (10.000-59.999 abitanti, 140 Euro) o addirittura 2 volte e mezzo il benchmark ottimale, ossia i comuni fra 60.000 e 99.999 abitanti del Nord-Est (102 Euro).
Questo perché I comuni più piccoli, hanno un rapporto molto elevato di dipendenti amministrativi ogni 100.000 abitanti, e pari a 3-4, che li rendono decisamente inefficienti rispetto alle altre categorie dimensionali. I comuni più grandi (oltre 100.000 abitanti), osservano mediamente una spesa di 170 Euro.
La Basilicata è una estesa area interna ed è costituita per l’80% da comuni sotto i 3000 abitanti, ha una spesa procapite di 194 euro per i servizi dell’amministrazione collocandosi al quarto posto nella classifica delle regioni italiane, Potenza 199 euro e Matera 184 ed ha un numero di dipendenti pubblici pari a 3,2 ogni mille abitanti risultando la prima in classifica insieme alla Liguria. In media, ci sono 2,4 dipendenti amministrativi ogni 1.000 abitanti.
LA VALUTAZIONE DELLA BASILICATA RISPETTO AI 24 OBIETTIVI QUANTITATIVI DELL’ AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Entro il 2030 La Basilicata ha raggiunto tre su 24 obbiettivi quantitativi ossia:
- la quota del 25% di superficie agricola destinata ad agricoltura biologica
- ridurre al di sotto del 9% l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione 18-24 anni
- raggiungere la quota di almeno il 45% di energia da fonti rinnovabili
due sono gli obbiettivi raggiungibili
- raggiungere entro il 2027 almeno il 33 % dei posti nei servizi educativi per l’infanzia 3-36 mesi
- raggiungere entro il 2026 la copertura alla rete gigabite a tutte le famiglie
ha realizzato un progresso moderato rispetto a quattro obbiettivi;
- entro il 2025 ridurre del 25% la probabilità di morire per malattie non trasmissibili rispetto al 2023
- entro il 2030 ridurre la quota di NEET (15-29 anni) al di sotto del 9%
- entro il 20230 ridurre la disuguaglianza di reddito netto ai livelli osservati nel migliore Paese dell’UE
- entro il 2030 azzerare il sovraffollamento delle carceri
quindi 9 obbiettivi su 24, più di un terzo hanno preso una direzione positiva
per il restante poco meno di due terzi la Basilicata mostra un progresso insufficiente rispetto a cinque obbiettivi
- entro il 2030 il dimezzamento del gap occupazionale di genere rispetto al 2019
- entro il 2030 raggiungere la percentuale del 78 per cento del tasso di occupazione per la fascia di età 20-64 anni
- entro il 2030 raggiungere la quota del 3% del pil investito in ricerca e sviluppo
- entro il 2030 aumentare del 26% i posti km per abitante offerti dal trasporto pubblico rispetto al 2004
- entro il 2030 raggiungere la quota del 30 % di aree terrestri protette
e sono 10 gli obbiettivi verso su ci si sta allontanando, nel senso che non si stanno adottando politiche nella direzione dello sviluppo sostenibile e sono:
entro il 2030
- ridurre del 20% l’utilizzo di fertilizzanti nell’agricoltura non biologica rispetto al 2020
- dimezzare il numero di feriti negli incidenti stradali rispetto al 2019
- raggiungere la quota del 50 per cento dei laureati nella fascia di età 30-34 anni
- raggiungere il 90 per cento della quota di efficienza delle reti idriche di distribuzione di acqua potabile
- ridurre di almeno il 20% dei consumi finali di energia rispetto al 2020
- ridurre il superamento del limite di PM10 nell’ aria al di sotto di tre giorni l’anno
- ridurre la quota di rifiuti urbani procapite del 26% rispetto al 2004
- ridurre le emissioni di CO2 del 55% rispetto al 1990
- azzerare l’aumento del consumo di suolo annuo
- entro il 2026 ridurre la durata media dei procedimenti civili del 40% rispetto al 2019.