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Il destino dell’abitare, del convivere, sembra ormai indirizzarsi su alcuni precisi obiettivi, che riguardano sostanzialmente la qualità della vita e la convivenza nel prossimo futuro.

Il benessere dei cittadini, sembra assumere la centralità di questo pensiero che deve tenere conto di una possente urbanizzazione, che prevede che l’80% della popolazione mondiale nei prossimi 30 – 70 anni sceglierà di vivere nelle città.

Lo straordinario fenomeno, sarà caratterizzato dalla densità, e dalle opportunità, che da sempre solo l’urbanizzazione e la città sono in grado di garantire, soprattutto, in un mondo più interconnesso, e più veloce, le città saranno il luogo privilegiato della sperimentazione e dell’innovazione.

Pensiamo ad esperienze rigenerative, come quelle della città di Bilbao, o della Ruhr, che hanno  visto letteralmente trasformare la vocazione e l’attitudine originaria pesantemente industriale e inquinante di quei luoghi, in nuove opportunità legate alla cultura, all’innovazione, all’ambiente.

Il tutto è avvenuto trasformando un territorio industriale e compromesso, – e nel caso della Ruhr per molti versi arretrato rispetto agli standard nazionali -, in una vera rigenerazione che ha fatto leva sulla cultura e sull’ambiente, offrendo ai luoghi una nuova opportunità basata sulla cultura, e il new green.

Bilbao è oggi testimonianza mondiale d’innovazione artistica e culturale e molte delle sue fortune girano intorno al centro museale Guggenheim, un’opera avveniristica che è diventata simbolo della rinascita cittadina.

La Ruhr ha musealizzato gran parte delle vecchie strutture, siti industriali e minerari della produzione pesante (acciaio – carbone), realizzando una trasformazione che ha interessato un vasto ambito e più centri abitati.

L’innovazione sostenibile ha permesso una bonifica enorme del territorio trasformandone la prospettiva verso un new green deal ambientale – culturale, con la bonifica di terreni, fiumi e laghi su larga scala e la nascita di sei Università (non ne esisteva nessuna).

Queste importanti sperimentazioni hanno dimostrato che è possibile cambiare attraverso la realizzazione di piani di sviluppo alternativi e persino, opposti per passare dalla produzione industriale estrattiva, intensiva, inquinante a una nuova idea di sviluppo basata su cultura e sostenibilità ambientale e sociale.

La densità che crea opportunità è da sempre attrattiva e, in un universo veloce e funzionale, lo diventa ancora di più. In giro per il mondo è già possibile intravedere esperimenti e tentativi di riorganizzare e innovare su nuove concezioni la qualità dell’abitare e del convivere.

Il pianeta continua a generare megalopoli disordinate, insicure, abitate da moltitudini dispotiche, che, soprattutto nelle aree geografiche più povere e più esposte a guerre e carestie, si fanno emergenza e causa di migrazioni bibliche.

Nella parte di mondo più sviluppata, economicamente e tecnologicamente più attrezzata, si possono, però, già apprezzare alcuni importanti esperimenti di nuova convivenza, e cittadinanza.

Considerato che la popolazione dei centri urbani sarà una novità nella storia dell’umanità (nel ‘900 la maggior parte delle persone viveva in campagna e solo il 10% in città), la rapida crescita delle metropoli è stata fino a oggi causa di enormi problemi ambientali e sociali, con le abitazioni e il traffico che sono tra i fattori maggiori dell’inquinamento.

Le città occupano il 25% della superficie terrestre, ma consumano tre quarti delle risorse usate ogni anno, producono tonnellate di rifiuti urbani e quantità enormi di emissioni di gas serra, ed esalazioni tossiche.

Questi fattori e l’uso sconsiderato del suolo, hanno contribuito a compromettere l’impronta ecologica, la capacità rigenerativa dell’ambiente che dovrebbe essere di 1,8 ettari di terra a persona, perché sia sostenibile (Shanghai, 7 h, gli USA 9,7h).

La soluzione migliore, forse l’unica, rimane quella di trovare un modo nuovo di vivere in città, rioccuparci seriamente di urbanistica e iniziare a creare condizioni nuove per costruire nel modo giusto.

Urbanistica e rigenerazione quindi, ma anche produzione di cibo, consumo di energia, inquinamento, solido e atmosferico, a cominciare dall’uso dell’automobile: il mezzo che più ha condizionato la progettazione della città.

Convivenza e mobilità, ma anche la ritessitura di una comunità, Cristopher Alexander (architetto di Berkley, California), un influente teorico dell’urbanistica sosteneva: “che se i tuoi amici non abitano nella casa accanto, i quartieri diventano inutili, soffocanti come accampamenti militari progettati per produrre disciplina e rigore”.

Quelli realizzati erano quartieri senza vita e senza identità, dove la libertà si misurava con l’uso dell’auto, evidenziando come le città non si sono mai sviluppate come desideravano gli urbanisti tanto che raramente i progetti innovativi hanno avuto successo.

La mobilità, l’auto e l’inquinamento incidono sulla qualità della vita, ponendo il problema della qualità dell’aria, tema strettamente legato alla densità, prodotta da persone, veicoli, edifici troppo alti e invasivi, condizionatori etc.: temi che impongono di rimettere al centro l’equilibrio tra spazio e persone, il corretto uso del terreno, delle risorse, dell’acqua, e della gestione dei rifiuti.

Nell’idea migliore di abitare, le persone devono poter vivere come vogliono, ma in armonia con gli altri, per questo i temi centrali della nuova convivenza urbana saranno le persone, gli spazi e l’ambiente in cui vivono.

Architetti e urbanisti sono già al lavoro, per aggiornare ed elaborare nuove concezioni di città del futuro, in grado di rispondere alle esigenze delle persone che abiteranno i nuovi spazi urbani negli anni a venire.

La premessa di partenza sarà quella di superare la vecchia concezione di città, progettando le nuove tenendo conto dello sviluppo tecnologico (sempre più importante e pervasivo), e i cambiamenti climatici che tanto impatteranno sulle nuove metropoli, sempre nella logica di raggiungere la neutralità delle emissioni il più rapidamente possibile.

La dimensione spaziale nello sviluppo urbano, come contenimento del caos determinato dalla forte espansione (sprawl urbano), porta già a sviluppare idee innovative legate all’abitare e alla convivenza in ambiti urbani sempre più complessi.

Si pensi, ad esempio, alla città del quarto d’ora teorizzata da Carlos Moreno, (docente della Sorbona) diventata progetto per Parigi, promosso, dalla sindaca, Anne Hildago, che aggiorna le esperienze dei 20 minuti di Portland (USA) o dei superbloks di Barcellona, un’idea di sviluppo urbano basata sui quartieri multiformi.

Un tentativo che esplora la possibilità di riorganizzare gli spazi intorno alla socialità e a un’idea di comunità che sviluppa nuove e positive relazioni, provando a riordinare i servizi, la mobilità e i commerci intorno ad esperienze innovative, stringendosi e concentrandosi in nuovi spazi comuni, vitali, in rete con gli altri, seguendo la logica di pubblico, accessibile, condiviso, e sostenibile.

La città del quarto d’ora si pone l’intento di favorire gli spostamenti a piedi o in bici, e di sostituire l’auto in favore del servizio pubblico, con un impatto immediatamente positivo sull’ambiente.

Una nuova concezione di vita degli spazi urbani non può non tenere conto del supporto delle nuove tecnologie quelle che ne determinano lo status di città intelligenti, le Smart City, avendo già accesso a tecnologie, in uso e in evoluzione, come l’internet of things IOT (Internet delle cose), la tecnologia Blockchain, l’Edge Computing, la realtà aumentata ER, etc. molto utilizzate nella cosiddetta infrastruttura intelligente.

Numerosi sono già i casi di città innovative che hanno come obiettivo la città sostenibile, dalle esperienze di Doa, e gli Emirati arabi, alla città di cellule a idrogeno (Woven city) ideata e promossa, in Giappone dalla casa automobilistica Toyota.

Oppure Telosa, la città da costruire nel deserto USA, dotata di un innovativo designer urbano e di architettura ecologica, fino a Singapore che è considerata la città più smart del mondo, e un laboratorio per il futuro dei centri urbani.

In ultimo si arriva al progetto avveniristico, su cui sta lavorando l’Arabia Saudita, per la realizzazione di The Line City, città ultramoderna senza strade e senza auto, alimentata esclusivamente con energia verde, progettata su pianta lineare, lunga 170 km, e larga 200 metri, una città ideale per l’uomo priva di auto e completamente autosufficiente.